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Lo stile Napoli e lo stile Juve
di Pietro Gargano (da: Il Mattino del 29.10.2007)
Foto Agenzia Genova
Fa un certo effetto registrare il vittimismo della Juve. Le proteste per due rigori inesistenti si capiscono e sono giuste, l'esasperazione no. Dov'è finito lo stile sciccoso della Vecchia Signora, che sapeva pure rubare con grazia? E restava la più amata dagli italiani nonostante un secolo e passa di favoritismi, nonostante Lucky Luciano Moggi.

Il presidente Cobolli Gigli s'è fatto il giro lungo delle tv e dei taccuini, esponendo la faccia della disperazione proletaria. Ha detto che le sue - come dire? - gomme sono oramai gonfie, che non vuole «passare per un coglione»; ha chiamato in causa il Palazzo - quasi che il Napoli fosse super raccomandato - invocando "occhi che vedono". Non lo sfiora neppure l'idea che Mauro Bergonzi abbia sbagliato e passa, com'è capitato all'uccellino Del Piero. Di riflesso, il Napoli ha fatto un figurone.

De Laurentiis ha chiesto scusa al college torinese (ma che colpa abbiamo noi?) e ha giustamente insistito sulla necessità della moviola in campo. Reja, da signore, ha detto la verità: dalla panchina i rigori li aveva visti, al rallentatore non più; e l'arbitro non va in campo col televisore sotto il braccio. Gli stessi azzurri, al di là del bel gioco, si sono comportati bene. Nessuno aveva protestato, neppure un braccio al cielo, dopo le cadute in area. E se Lavezzi ha fatto un volo da Icaro (finito meglio), il panterone Zalajeta non "aveva altra scelta che tuffarsi per non infrangersi contro quel marcantonio di Buffon e per non ferire a sua volta il portiere".

La Stampa, quotidiano della Fiat, titola sbigottita: «Non c'è più religione». È la storia alla rovescia? Tutti i grandi giornali, nel senso di molto venduti, enfatizzano gli sbagli arbitrali. Su ebay, l'asta di internet, un tifoso juventino mette in vendita Bergonzi come saldo di autunno. Stesso spettacolo sulle reti, dove anzi l'indignazione si allarga. Su Italiauno Giampiero Mughini, in maglia bianconera ma a righe orizzontali, definisce Bergonzi «quel demente». Su Sky Sconcerti chiama alle danze Pier Luigi Collina, che a suo dire manda allo sbaraglio arbitri giovani e impreparati.
Lo stesso si disse dei giudici ragazzini, colpevoli solo di voler fare il mestiere senza valutare le eventuali colpe degli inquisiti col metro del potere. Qualcuno di quei ragazzini finì con un carico di piombo in corpo, agli arbitri andrà molto meglio.
Sembra quasi che il giro vorticante attorno al pallone si senta all'improvviso immerso in uno scenario nuovo, dove magari talvolta si sbaglia di grosso ma contano molto meno di prima il bel nome, l'ascendente e i conti in banca. Di qui i richiami al Palazzo, di cui appena un anno fa, con ipocrisia, in coro si invocava la fine.

Chi è provvisto di un minimo di memoria e ricorda il gol non dato da Rodomonti quando il pallone era oltre la linea di un metro e mezzo; la bella parata con le mani di Mark Juliano non vista dallo stesso Collina (eccezione di una carriera trasparente); l'affondamento di Ronaldo non punito dal rigore (Ceccarini non l'avrebbe concesso neppure dopo l'autopsia); chi rammenta cento altri episodi simili a vantaggio della Juve, può pensare al contrappasso e godere. Non è giusto, a nessuno dovrebbe far piacere di beneficiare degli errori. Il Napoli non l'ha fatto e questa è forse la notizia più confortante. L'altra, pur nella bocciatura di Bergonzi, è che il calcio dei Collina, nato dalla rovine di quello dei Moggi (Luciano non fu certo solo), pare tornato ai rischi e agli imprevisti che furono l'essenza del gioco. Insomma, pure alla Juve carrozzata Fiat - ci dispiace contraddire Cobolli Gigli -può capitare di trovarsi con le ruote sgonfie, ingiustamente.
29/10/2007
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