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Cultura
Artemisia e i pittori del conte
di Achille della Ragione
Sabato 14 aprile nel castello di Conversano è stata inaugurata una delle mostre più importanti dell'anno, che sarà visitabile fino al 30 settembre, ricca di 60 dipinti di autori celebri, che facevano parte della mitica collezione del nobile.

Prima di dare spazio al comunicato ufficiale, che racconta la storia dell'antico proprietario e la disposizione dei quadri nelle varie sale, vogliamo far parlare i dipinti, per alcuni dei quali le attribuzioni sono quanto mai discutibili, dall'errore veniale, fino a giungere al clamoroso svarione alla Sgarbi, quanto si discute di un potenziale Caravaggio: una bufala che fa ridere e piangere nello stesso tempo.

E partiamo proprio da questo ignoto, quanto ignobile pittore (fig. 1), che più che al Merisi sembra si sia ispirato alle stregonerie di Salvator Rosa.

Passiamo poi al logo della mostra, una splendida Carità romana (fig. 2) di Artemisia Gentileschi, di cui è esposto anche un suo capolavoro: La Nascita del Battista (fig. 3) proveniente dal Prado di Madrid., che ha prestato anche uno spettacolare Trionfo di Bacco (fig. 4) di Paolo Finoglio e i Due lottatori (fig. 5) di Cesare Fracanzano.

Da Napoli provengono un San Giovannino (fig. 6) di Battistello Caracciolo e la Fuga in Egitto (fig. 7) di Guido Reni.

Molto belli una Crocefissione di San Pietro (fig. 8) dell'ancora anonimo Maestro di Bovino, molto vicino ai modi pittorici dell'ex Maestro dell'Annuncio ai pastori, che da qualche mese, grazie al sottoscritto, ha nome e cognome: Bartolomeo Passante, con la P non con la B.

Intriso della lezione riberiana un San Girolamo in meditazione (fig. 9) di Hendrick van Somer, poi, passando a Massimo Stanzione, mentre il primo dipinto (fig. 10) regge molto bene l'attribuzione al grande maestro, il secondo (fig. 11) sicuramente non è suo.

E vogliamo concludere la nostra carrellata con un quesito che poniamo ai lettori: chi è l'autore di questo dipinto dalla dolcezza estenuante? (fig. 12).

Passiamo ora alle notizie ufficiali:
Diversamente da altri nobili napoletani del suo tempo, Giangirolamo II Acquaviva d’Aragona (1600-1665), conte di Conversano e duca di Nardò, raffinato collezionista e promotore delle arti, spese gran parte della sua vita nel maggiore dei suoi feudi, in terra di Bari, risiedendo nel castello di fondazione normanna acquisito dalla sua famiglia sin dal XV secolo.

In quel medesimo luogo - che al piano nobile è oggi sede della Pinacoteca Comunale di Conversano - trovava collocazione una prestigiosa raccolta d’arte, corposa quanto variegata per soggetti e generi rappresentati (dipinti, sculture, oggetti), che l’alto aristocratico aveva ragionevolmente messo insieme fin dagli anni Venti del Seicento. Di essa tramanda memoria l’inventario dei beni del conte, steso nel 1666, poco dopo il suo decesso.

Sulla base del prezioso documento, che potrà ammirarsi in teca all’interno del percorso espositivo, è possibile rievocare per la prima volta i fasti della corte di Giangirolamo e di sua moglie Isabella Filomarino, addobbando nuovamente le sale del loro castello con artisti e opere efficacemente rappresentativi dei gusti degli antichi proprietari.

Al primo piano le celebri dieci tele con episodi salienti della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, eseguite da Paolo Domenico Finoglio per la Galleria dei suoi alti mecenati e oggi costituenti la collezione permanente della Pinacoteca Comunale di Conversano, completano il percorso espositivo allestito al secondo piano dell’edificio fortificato, rinnovata sede di mostre temporanee.

L’importante ritrovamento della Caritas Romana di Artemisia Gentileschi, con sicurezza il dipinto citato nell’inventario del 1666, consente una nuova lettura dell’intreccio culturale che vede la grande pittrice in dialogo con i napoletani del suo tempo, in testa il prediletto del conte, Paolo Finoglio; Battistello Caracciolo e Massimo Stanzione, ma anche con maestri non menzionati esplicitamente nel documento, quali Onofrio Palumbo e Niccolò De Simone; quindi Cesare Fracanzano, a cui si aggiunge il bolognese Guido Reni, questi invece ricordati in collezione. Tutti vengono riproposti al pubblico in tale specifica luce, con quadri e disegni spesso inediti.

Molti degli artisti presentati in mostra si ritrovano negli incarichi giunti a Napoli per il Palazzo del Buen Retiro di Filippo IV di Spagna e nell’impresa del Duomo di Pozzuoli, a dimostrazione di un preciso orientamento culturale della capitale vicereale negli anni Trenta del Seicento, di cui il conte di Conversano fu singolarmente partecipe, ricreandolo nella sua residenza pugliese.

Completano il quadro opere coeve di artisti partenopei (Jusepe de Ribera, ma anche Andrea Vaccaro e i celebri battaglisti Aniello Falcone e Andrea de Leone), che, seppure non figuranti nella lista del 1666, consentono, con pezzi scelti del loro repertorio, di riambientare al meglio i temi della quadreria Acquaviva, così come deducibili dall’inventario ma ivi lasciati senza attribuzione.

Un antefatto e una breve sezione di più stretta osservanza caravaggesca (tra anonimi di primo e secondo decennio e i noti Carlo Sellitto e il Maestro di Fontanarosa) introducono e meglio illustrano al grande pubblico le ‘ragioni’ naturaliste e poi barocche delle opere allestite, alcune specificamente provenienti dal territorio pugliese (come quelle del Maestro di Bovino, possibilmente anch’egli artista legato alla famiglia).

Il percorso si articola, dunque, in otto sale tematiche: Simboli e Pentimento; Santi patroni: Giovanni Battista e Girolamo; La Fuga in Egitto del cavalier Guido; Maestri caravaggeschi; Massimo Stanzione; Artemisia Gentileschi e Onofrio Palumbo; Sante e nudi; Baccanali e Battaglie.

In queste è incluso Fortitudine Pares (Cupido e la Morte), dipinto proveniente dalle collezioni del Museo della Cattedrale di Malta, ivi conservato sotto il nome, poco appropriato, di Battistello Caracciolo.

Presentata per la prima volta in Italia e sottoposta a una attenta pulitura effettuata per l’occasione da Roberta Lapucci, l’opera - ancora di autore anonimo - è al momento oggetto di ricerca, come già in passato di John Gash e Catherine Puglisi, da parte della stessa Lapucci, che ne valuta l’opportunità di attribuzione a Michelangelo Merisi il Caravaggio.

La chiesa di San Giuseppe, luogo legato alla contessa Isabella Filomarino e sito a pochi passi dal Castello, è la sede espositiva complementare al maniero: in essa sono stati radunati i dipinti di maggiore dimensione, tra cui il Trionfo di Bacco di Finoglio (Museo del Prado), che ritorna a Conversano dopo circa 400 anni, e la copia di Paolo Veronese citata nel documento del 1666, rintracciata in Abruzzo, nei feudi degli Acquaviva d’Atri, testimone d’eccellenza della passione nutrita dal conte per la pittura veneta del ’500.

A coronamento, si potrà in parallelo avvantaggiarsi della visita alla chiesa dei Santi Medici Cosma e Damiano, la ‘Cappella Sistina’ di Paolo Finoglio, anch’essa voluta e decorata a spese di Giangirolamo e Isabella Acquaviva; e di una quarta tappa al Castello di Marchione, la residenza di villeggiatura della famiglia, che ancora custodisce i ritratti dei conti.

25/4/2018
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