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Un (dis)servizio da paese incivile
di Vittorio Del Tufo (da: il Mattino del 26.08.2015)
I Frecciarossa che convivono con le bighe romane, le stazioni d’arte che dividono la cartolina di Napoli con i dinosauri ferrati.

E la Cumana-scandalo dei treni che sferragliano lenti e cadono a pezzi: ieri un convoglio vecchio di 40 anni se l’è portato via il fuoco, divorato dalle fiamme sotto gli occhi dei viaggiatori miracolati e allibiti, e solo grazie ai riflessi rapidi di un capotreno e di un macchinista, che hanno messo in salvo i passeggeri, questa storia non dobbiamo raccontarla in modo diverso.

Un incendio è un incendio, ma è anche uno scandaglio per esplorare le infinite contraddizioni di una città in cui i sogni di modernizzazione s’infrangono ogni giorno con la qualità dei servizi pubblici e delle infrastrutture, ancora lontana dagli standard di efficienza, di civiltà e sicurezza.

Nell’area metropolitana di Napoli i trasporti, dissanguati dai tagli, sono una ferita che svela ogni giorno nuovi focolai di infezione, mal’indecenza raggiunta da società come la Circum e la Sepsa, che gestisce Cumana e Circumflegrea, ha ormai superato i livelli di guardia.

Ne sembra consapevole, ed è un bene, il nuovo presidente della holding del trasporto pubblico in Campania, Umberto De Gregorio, che dopo la grande paura ha riconosciuto come l’azienda, in attesa dei nuovi treni, sia «chiamata ad un impegno straordinario per la manutenzione del parco treni vetusto ed insufficiente».

Poi una musica già sentita: scontiamo i ritardi del passato, talmente gravi da «rischiare di mandare a fuoco tutto il servizio pubblico. «Forse qualcuno mirava esattamente a questo», la conclusione, assai sibillina, del manager dei trasporti.

Non resta che accendere, per restare in tema, un cero alla Madonna e sperare di non dover ricorrere ancora agli estintori. Vorremmo essere ottimisti, ma siamo costretti a prendere a prestito i dati forniti nei giorni scorsi dallo stesso numero uno dell’Eav per avere la certificazione di un disastro che, d’altra parte, è sotto gli occhi dei cittadini: i treni della Circumvesuviana (l’altro scandalo) sono passati dai 90 che funzionavano nel 2010 ai 60 di oggi.

Quelli della Cumana, che collega il centro di Napoli con i quartieri occidentali e numerosi comuni della zona flegrea, dai 15 del 2010 ai 10 di oggi. Il servizio di mobilità è allo sbando e, cosa ancora più grave, i conti non sono per nulla a posto.

I trasporti pubblici, per quanto fatiscenti, sono una macchina succhia soldi: a fine 2014 i debiti ammontavano alla bellezza di mezzo miliardo di euro, il patrimonio netto non supera i 10milioni e nel 2012 la Eavbus è fallita. Quindi, avverte il manager deluchiano, non aspettatevi miracoli, ma tutt’al più un «progetto pluriennale e serio di risanamento».

Al di là della croce gettata addosso al centrodestra, che ha governato la Campania negli ultimi cinque anni, resta la fredda evidenza dei numeri, e la consapevolezza che allo sfascio del trasporto locale la classe politica sta da troppo tempo assistendo inerte, o rispondendo con armi spuntate.

Perché dei numerosi fattori dai quali dipende l’efficienza di un servizio ferroviario - sicurezza, frequenza, puntualità, comodità e pulizia dei treni, riduzione dei tempi di attesa, accessibilità delle stazioni - non ve n’è uno che ci faccia cominciare la giornata (e il viaggio) con un sorriso.

Questa malagestione costringe cittadini, pendolari, studenti e turisti a fare quotidianamente i conti con un parco-treni lontano ancora anni luce dagli standard europei.

In Campania l’età media dei convogli in circolazione è di 17,3 anni, e il 78,3% dei treni ha più di 20 anni di età. Anche se vecchi e malandati, i mezzi non possono andare in pensione, perché i nuovi convogli restano nel libro dei sogni; il treno della Cumana distrutto dalle fiamme era stato mandato in officina appena dieci giorni fa, poi era tornato sui binari, a nostro rischio e pericolo.

Di fronte a un disastro di tale portata, non vogliamo più ascoltare né chiacchiere né promesse. E siamo anche un po’ stufi di sentir tirare sempre in ballo le eredità del passato.

Gradiremmo, invece, con le assunzioni di responsabilità, qualche risultato. Il grado di civiltà di una grande metropoli, di una regione, si misura anche con il livello di sicurezza offerto ai cittadini, ai quali va data la possibilità di spostarsi da un luogo all’altro senza rischiare la vita, come è successo ieri.

Dovrebbe essere il minimo sindacale, e invece è una sfida da far tremare i polsi.

27/8/2015
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