Spettacoli
"I Puritani" al Teatro Verdi di Salerno
di Maria Continisio
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Titolo difficile ed intrigante, "I Puritani" di Vincenzo Bellini, oltre che coraggioso per la terribile difficoltà del rigo di canto: ma il Teatro Verdi di Salerno ci ha abituati ad operazioni e cast perfettamente all'altezza, alternando il grande repertorio classico con titoli inusuali, ma non meno affascinanti, come lo scorso "Romeo et Juliette" di Gounoud e la "Francesca da Rimini" di Zandonai, andati in scena nella passata stagione.
Ultima opera del grande compositore catanese, morto a soli 34 anni, "I Puritani" è sicuramente un anello di congiunzione fra due epoche del melodramma italiano, dai contenuti pre-romantici, ma dallo stile ancora di grande sapore settecentesco, compreso il finale lieto, con tanto di intervento del "deus ex machina".
Pagine liriche conosciute e drammaturgicamente inserite in un soggetto che fa dell’amor di patria il suo leit motiv principale, tant'è che i primi aneliti risorgimentali presero a prestito il celebre duetto del finale nel secondo atto, "Suoni la tromba e intrepido", come proprio inno, unitamente al "Guerra! Guerra!" della "Norma"; tutto ciò, prima ancora della definitiva consacrazione del "Va Pensiero" verdiano.
In realtà, dal punto di vista musicale, è la storia d'amore tra Elvira ed Arturo a prendere emotivamente il sopravvento, con l'intrecciarsi di canoni codificati dal gusto dell'epoca, come la celeberrima scena della "pazzia", "Qui la voce sua soave", eseguita l'altra sera integralmente dalla bravissima Jessica Pratt.
Il soprano australiano disegna un personaggio perfettamente coerente, dolce, ingenuo, ma anche dolente e intenso: gradevolissima in scena, interpreta il ruolo della protagonista in modo davvero impeccabile; vocalmente ineccepibile, raccoglierà alla fine applausi, ovazioni e fiori.
Non le è da meno l'Arturo di Celso Albelo, autentico tenore belliniano, che offre al pubblico tutto cio' che è scritto nella terribile partitura, oltre ad un “Fa” sopracuto nell'ultima scena.
Molto bene anche il Riccardo di Gabriele Viviano, con una cantabilità pertinente e robusta, e il Giorgio di Lorenzo Regazzo, paterno e nobile.
Completano il cast l'esperta Francesca Franci, impeccabile nel ruolo di Enrichetta, Angelo Nardinocchi, Lord Gualtiero e Francesco Pittari, Sir Bruno.
Il direttore Yoram David, alla guida dell'Orchestra Filarmonica Salernitana, leggeva il tutto in modo estremamente rigoroso, considerando l'enorme rapporto che quest'opera ha col palcoscenico, dando al respiro belliniano credibilità e chiaroscuri. Bene anche il Coro, diretto da Luigi Petrozziello.
La regia di Riccardo Canessa ha avuto il grande merito di essere estremamente delicata e leggibile: priva di qualsiasi eccesso, ha mostrato una narrazione pulita, nel segno di una tradizione autentica, aiutato dalle interessanti elaborazioni video di Jean-Baptiste Warurzel.
Queste proiezioni, ispirate alle opere di William Turner (contemporaneo di Bellini), sottolineano i vari momenti della vicenda, esaltando i sentimenti enfatizzati, momento per momento, dalla musica: anch'esse vengono usate in modo molto tenue e soffuso, sull' impianto scenico intelligente e funzionale di Alfredo Troisi - colonne gotiche semoventi, in aperto e voluto contrasto con l'astrattismo dei fondali – il quale ha curato anche gli splendidi costumi.
Alla fine, per tutti, l'applauso entusiasta del pubblico salernitano, che, in questo momento, gode di una delle realtà più interessanti del panorama lirico nazionale con Daniel Oren, direttore artistico entusiasta ed esperto, che dirigerà tutti i prossimi titoli in programma.
La gioia di una grande serata d'opera ci accompagna nel viaggio di ritorno, facendoci riflettere su quanto sia ancora importante puntare sulla qualità di una rappresentazione, unico modo per garantire la sopravvivenza - oggi più che mai - di ogni genere di spettacolo.
La riuscita di questa difficile alchimia tra tante diverse professionalità costituisce sempre l'unico modo per conquistare il Pubblico e per avvicinare i giovani all'Opera: spettatori oggi e - forse - sostenitori domani.