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Cronaca
La scuola statale
di Giovanna D’arbitrio
Tanti sono oggi i gravi problemi dell’Italia e, tra questi, uno dei più seri è quello della crisi della scuola statale che non è capace di offrire più ai nostri ragazzi una preparazione culturale adeguata per affrontare la vita.

Ho insegnato per molti anni nella scuola dell’obbligo ed ho sempre difeso con tutte le mie forze il diritto allo studio degli alunni più deboli, più fragili, meno capaci e, in particolare, dei  cosiddetti svantaggiati, non solo nei quartieri a rischio ma anche nelle zone più ricche dove il divario culturale tra le diverse classi sociali è drammaticamente più marcato ed evidente.
Combattere la dispersione scolastica e offrire una buona istruzione, inoltre, nella nostra regione significa sottrarre manovalanza alla criminalità ed offrire ai giovani alternative e scelte di vita più valide e costruttive.

In tutte le scuole in cui ho insegnato  mi sono battuta per l’inclusione dei suddetti alunni in corsi di recupero e in laboratori pomeridiani, per l’intervento di psicologi ed esperti, per una didattica più idonea al raggiungimento degli obiettivi ecc.., sacrificando talvolta  parte del mio stipendio per acquisto di libri, materiale didattico e altro. Anche se tanti insegnanti come me di solito raggiungono qualche risultato, tuttavia, è ben poca cosa rispetto a quello che si potrebbe fare se ci fosse una maggiore attenzione  verso i problemi della scuola statale.

Numerose, talvolta assurde e contrastanti riforme sono state introdotte dai vari governi, riforme che hanno creato un clima di instabilità, nervosismo e grave disagio che certamente non  educa e non aiuta i giovani in una società  sempre più corrotta, priva di valori etici e di positivi  punti di riferimento.
Perché il diritto allo studio in Italia non può essere un obiettivo perseguito da tutti i partiti politici e da tutti i governi come accade nei  paesi più civili?

Sono stati applicati alla scuola, purtroppo, gli stessi criteri che vengono imposti alle aziende per ridurre i costi: fusioni, tagli sul personale, precarietà, flessibilità, mobilità, non stipendi adeguati ma verticalizzazioni del personale, quindi contrasti e tensioni per accaparramento di incarichi e progetti, lotte intestine per guadagnare qualche soldo in più. Una vera guerra tra poveri!

Insegnanti mal pagati, insoddisfatti, spesso assenteisti, non riescono certo a comunicare entusiasmo ed interesse per la cultura! La qualità si paga! I docenti italiani hanno gli stipendi più bassi d’Europa. D’altra parte sarebbe giusto far responsabilizzare, con sanzioni e decurtazione di stipendio, chi non fa il proprio dovere poiché, oltre a rovinare gli alunni, genera caos e ostacola anche il lavoro dei docenti seri e motivati.

E che dire della mancanza di strutture, soprattutto nelle regioni meridionali, dove ci sono edifici scolastici fatiscenti in cui le più elementari norme igienico-sanitarie, nonché di sicurezza, vengono ignorate? Non essendo quindi disponibili spazi necessari per organizzare il lavoro in modo diverso e più produttivo, risulta impossibile estendere l’orario curricolare al pomeriggio e allestire laboratori (aperti a tutti gli alunni, non a pochi come accade ora) che dovrebbero rappresentare la parte pratica ed operativa di ogni disciplina, seguendo l’esempio delle scuole europee.

Concludendo, per la scuola statale, che rappresenta il sacrosanto diritto allo studio di tutte le classi sociali, non ci sono mai soldi! Quale futuro stiamo preparando per i nostri giovani che dovranno lavorare nel contesto duro e spietato della globalizzazione?

16/6/2008
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