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La favola di Maradona
La sua storia a puntate – 156
di Mimmo Carratelli
Foto AP
Le novità sono due. Dino Risi, il regista del “neorealismo rosa” e della commedia all’italiana, farà un film su di te e si chiamerà “La mano di Dio”. Budget di 18 milioni di dollari, attori faranno la tua parte. Fonte del film la tua intervista di dieci ore alla società Globomedia. Emir Kusturica, il regista bosniaco di origine serba, girerà invece un documentario nel quale apparirai nei luoghi della tua vita e dei tuoi trionfi, Buenos Aires, Barcellona, Napoli, Cuba.

L’operazione a Carthagena è andata bene e stai dimagrendo. In un mese perdi undici chili. “Peso un quintale e voglio arrivare a 75 chili”. Passato di verdura, pollo tritato in bianco, vitamine: la dieta fa effetto.

Un trionfo alla “Bombonera” il 5 aprile 2005 per il centenario del Boca Juniors. Cinquantamila spettatori hanno occhi solo per te. Sei con Claudia, Dalma e Gianinna. Col Boca hai giocato poco (71 partite e 35 gol), ma è la tua squadra del cuore, col Napoli. Ti consegnano la medaglia di miglior giocatore della storia del club gialloblu. Forse, il presidente Mauricio Macri ti affiderà un ruolo nel Boca.

La tua popolarità in Argentina è ancora grande. In un sondaggio tra le personalità più rappresentative, sei al primo posto col 51 per cento dei consensi davanti al presidente Nestor Kirchner e al cestita Manu Ginobili.

Ma ecco a sorpresa la tua dichiarazione: “Non ho più un soldo. Il tradimento che mi ha fatto più male è quello di Guillermo Coppola. Dalla sera alla mattina mi sono trovato senza più niente a causa di Coppola col quale ho in corso un lungo contenzioso giudiziario. A lui ho dato tutto quello che avevo”.

Non c’è mai piaciuto, Guillermo. I giornali scrivono che col calcio hai guadagnato 100 milioni di dollari. Tutti in fumo? La proposta di Macri non ti soddisfa, perciò niente ruolo e lavoro nel Boca.

Voli a Madrid per un contratto pubblicitario. All’aeroporto di Barajas ti aspettano sessanta giornalisti. Quanti chili hai perso, Diego? Ventisette, dicono. Trentatre, dice il dottor Cahe. La mole è ancora possente, ma sei allegro. Tutto il peggio deve essere passato.

Sei ospite del Real Madrid a La Rozas, il centro federale dove si allena la squadra madrilena. Incontri il presidente Florentino Perez, Roberto Carlos, Valdano, Arrigo Sacchi. Vai a cena con Ronaldo e Roberto Carlos.

I giornalisti spagnoli annotano le tue dichiarazioni. “Il nuovo numero uno del calcio è Ronaldinho. E’ un regalo di Dio. Si diverte giocando e trasmette questa sensazione alla gente”.

A maggio 2005 sei a Cannes, con Dalmita che vuole fare l’attrice e porta i tacchi a spillo, ha recitato in qualche telenovela argentina. Il presidente della giuria del Festival è Kusturica che girerà il documentario sulla tua vita, “un omaggio a un genio del pallone, a un eroe moderno che ha saputo rinascere dalle sue ceneri”. Passeggi con Dalmita al sole della Croisette, più fotografato e seguito delle dive di celluloide, protetto da cinque guardie del corpo. Vai a vedere con tua figlia la proiezione del film cubano “Habana blues”. E voli a Montecarlo per il gran premio di formula uno.

Subito dopo ti ritroviamo a Istanbul per la finale di Champions League tra Milan e Liverpool, un tuffo nel calcio italiano, commentatore in italiano del prepartita per Sky, poi il commento del match in spagnolo per la telecronaca diretta al continente latino-americano. Sei con Salvatore Bagni, il tuo fedelissimo amico, all’Hotel Hyatt.

Vengono tutti a salutarti. Josè Altafini e Carlo Ancelotti, Pippo Inzaghi, Kakà, Seedorf, Rui Costa, Galliani. Vengono ad abbracciarti Beckenbauer, che lavora per la tv tedesca, e Mario Kempes, il drago dell’Argentina campione del 1978.

Sbagli il pronostico, 2-0 per il Milan. Ma lo sbagli fino a un certo punto perché il Milan dopo il primo tempo vince 3-0. Solo che si fa rimontare nella ripresa e perde ai rigori. Incontri Silvio Berlusconi che tentò di strapparti al Napoli.

E’ stato un bel giro. Madrid, Cannes, Montecarlo, Istanbul. A fine maggio sei in Italia. Hola, pibe. Appari al “Processo di Biscardi”. Da Napoli, Pierpaolo Marino che guida la riscossa della squadra azzurra precipitata in serie C dopo il fallimento, svela un bell’episodio. L’argentino Roberto Sosa ha voluto parlato con te per telefono. Dice Marino: “Alla fine, Sosa piangeva come un bambino, emozionato e commosso per avere parlato con Diego, ed è andato in campo, il giorno dopo, con una carica eccezionale. Ha espresso il desiderio di giocare una partita col numero 10 di Diego”.

Ti sistemi nella villa di Bagni in Romagna, a Gatteo. Prometti di venire a Napoli per la festa di Ciro Ferrara il 9 giugno al “San Paolo”. Questa sì che è una notizia bellissima.
1/6/2006
  
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