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L’angelo di Monaco
di Luigi Alviggi
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Sta morendo.
Nella stanza chiusa a chiave, la ragazza giace a terra di fronte al divano, gli occhi sgranati, le labbra schiuse, la pelle fredda, sempre più fredda, mentre il sangue si allarga lento sul vestito (...)Quanto tempo si impiega a morire così? Un’ora, cinque, dieci? La mente della ragazza tenta di unire orari e volti, calcolare se qualcuno, e chi, e quando, si accorgerà di quello che è successo – di quello che sta ancora succedendo, e potrebbe essere fermato. (...)Così la ragazza resta a terra, senza voce, senza fiato, gli occhi fissi su un cielo di stucchi, e mentre il freddo diviene pian piano accettabile, aspetta che qualcuno, chiunque, arrivi a salvarla, o quantomeno a confortarla.Angelika Maria Raubal, per gli amici Geli, è una giovane molto bella e di grande impatto sociale. Cresce a Vienna prendendo la maturità in un liceo femminile poi, per studiare medicina, si trasferisce a Monaco di Baviera andando a vivere non lontano dallo zio Alf.
Figlia della sorellastra Angela, è nipote di Adolf Hitler, il padre lo ha perso a pochi anni. Piena di vita e ben introdotta nella società monegasca per posizione, età e grazia, sarà presente in ogni manifestazione cittadina di rilievo.
Capace di ravvivare con la sola presenza, in teatro, negli spettacoli, nelle riunioni più serie, dove Adolf non mancava di portarla, l’ambiente gelido di una Germania traversante il difficile intervallo tra la sconfitta nella prima guerra mondiale e l’avvento del nazismo.
Descritta più bella che nelle numerose foto, la parabola di irresistibile ascesa si dissolve nel nulla a soli 23 anni quando, il 19 settembre 1931, viene rinvenuta cadavere nella sua stanza con vicino la pistola dello zio e tutore: pare essersi suicidata.
Il fatto viene scoperto la mattina dopo, quando la giovane non risponde ai ripetuti colpi alla porta. Questo il fulcro da cui prende origine l’enorme tessitura, ben dosata in ogni sua parte, di questo lungo e avvincente romanzo di Fabiano Massimi.
Esso racconta la settimana di indagini di due valenti commissari della sezione Crimini Violenti della polizia monegasca: Sigfried Sauer (Siggi, capo) e Helmut Forster (Mutti, vice).
La potenza di Hitler già nel settembre del ‘31 è tale che sarebbe stato impossibile per chiunque approfondire come si fossero davvero svolti i fatti.
Nel ’33 Hitler sarà cancelliere e nel ’34 - morto il Presidente Hindenburg - diverrà Führer, cioè “Guida” della nazione tedesca (l’equivalente del nostro “Duce”).
Farà poi compiere innumerevoli crimini nel periodo 1939-1945 - durata della Seconda Guerra Mondiale - facendo milioni di vittime.
Il tiranno più assatanato della storia ha provocato la morte di circa 70 milioni di persone - cifra reale non accertabile - tra stermini vari e perdite militari e civili!
L’imposizione del capo sezione Tenner ai due incaricati è di completare l’indagine in giornata!
Il proiettile non ha ucciso subito Geli e sopra è riportata la descrizione nel libro della sua agonia. Lo spettacolo che si presenta ai commissari giunti sul posto il mattino dopo, quando viene avvisata la polizia, è terribile: il corpo, riverso a terra, giace in un lago di sangue.
La porta, riferiscono, era chiusa dall’interno, dunque “
un enigma da camera chiusa” ricordando il celebre Sherlock. Viene sentito, come in ogni buona indagine, il personale dell’appartamento che dice poco o nulla, e l’inchiesta man mano si allargherà all’esterno coinvolgendo un gran numero di persone - colloqui con lo stesso Hitler e alti gerarchi del partito - che man mano dilatano il campo delle indagini.
Lo stesso Tenner, provocato e spinto dal procuratore generale, darà ordine ai due di proseguire l’esame ma in maniera molto segreta e riservata.
Sono storici, e scontati, gli insabbiamenti a tutti i livelli necessari e, molto più tragici, i numerosi suicidi (?) di persone coinvolte che tennero dietro alla violenta morte di Geli.
Un terreno davvero fertile per un thriller che, partendo da sfondi reali, approfondisce per lunghe pagine i tanti contatti e i passi avanti portati a segno tramite l’abile fiuto degli indagatori.
Il libro resta un perfetto giallo che mantiene ben desta l’attenzione fino all’ultima pagina e al corredo di note a seguire. E non mancherà un imprevisto grande colpo di scena finale. Se la vicenda è storia, ancora oggi la reale sequenza dei fatti è sconosciuta...
Geli, nella gran quantità di conoscenze, non fu estranea ad altri rapporti affettivi finché lo zio non la costrinse nel ’29 ad andare a vivere con lui, trasferendosi entrambi nello storico appartamento di Printzregentenplatz 16.
Sarà una perfetta gabbia dorata dove la giovane vivrà sotto costante attenzione, meglio prigionia, dello zio Adolf e le servirà, per ogni uscita, un permesso e tollerare una sorveglianza fidata. Questa condanna l’accompagnerà sino all’ultimo giorno.
Nella splendida foto allegata, presa dal libro - Ritratto fotografico di Heinrich Hoffmann, con dedica manoscritta a Emil Maurice datata 24.12.29. © HERMANN HISTORICA GmbH/Interfoto/Archivi Alinari -, possiamo farci un’idea dell’avvenenza di questa giovane donna.
È appena il caso di ricordare che, trovandoci negli anni 20, i mezzi tecnici a disposizione dell’arte fotografica erano ben modesti.
Dobbiamo quindi convenire sullo splendore della infelice Angela che il destino ha messo di fronte a vicende troppo enormi per la sua piccola età.
Emil Maurice, autista di Hitler, fu licenziato proprio per il legame (?) con la nipote.
Geli, lasciata la facoltà di medicina e dotata di una bella voce, espresse il desiderio di divenire cantante lirica e le fu concesso di prendere lezioni di canto.
I rapporti troppo stretti tra zio e nipote iniziarono a far circolare nella società monegasca voci turpi e scandalose. Pare che Gregor Strasser, anima moderata nel partito e quindi rivale di Hitler, sia stato il primo a definire morboso il legame. E questo, forse insieme con altro, gli costerà poi la vita.
Con il “
suicidio di Geli” chiaramente si scatena la stampa tedesca. Hitler su di essa non ha ancora potere totale. Sul possibile rapporto incestuoso con la nipote non si hanno prove definite ma, anche per la posizione delle rispettive stanze da letto - contigue nell’abitazione, e con in mezzo un bagno comune con porta su entrambe le stanze -, la cosa dovrebbe essere certa.
Alla fine della prima guerra 15-18, ancora in ospedale, Hitler manifestò gravi segni documentati di psicosi, ma la Gestapo in seguito distrusse tutto il materiale compromettente sulla storia pregressa del dittatore.
Lo psichiatra Edmund Forster, che lo ebbe in cura al tempo, fu suicidato nel ‘33. I costumi sessuali del Führer dovevano essere molto particolari - tra l’altro amava disegnare schizzi porno -, forse la maggiore sofferenza e schifo per la sventurata nipote.
Fabiano Massimi (Modena, 1977) tenta di indagare sul mistero della morte, irrisolvibile a 90 anni di distanza, dando rilevanza a fatti che potrebbero essere molto vicini alla realtà.
Indubbio e complesso il lavoro di ricerca storica e topografica dell’Autore che, mescolando abilmente storia e immaginazione, personaggi reali e fittizi, narra sviluppi ben congegnati su questo tragico dramma.
Nei tanti approfondimenti narrati i lettori, alla fine, non possono non chiedersi ove si trovi il confine tra invenzione e realtà. Lo “
strillo” di copertina del libro recita che esso è in traduzione in 10 paesi, successo meritato per l’esame esteso e plausibile dei tanti aspetti del complesso caso.
La cronaca nera - e che cronaca! - serba intatto anche oggi il suo fascino per innumerevoli individui. Lo stile è piano, scorrevole e coinvolgente, il registro serrato, com’è di prammatica in ogni giallo che si rispetti.
L’abilità dell’Autore si rivela anche con un altro tocco magistrale. Data l’aridità e la spiacevolezza del tema primario, cosa di meglio che intrecciarlo con una storia d’amore molto delicata, romantica, e invogliante per qualsiasi lettore?
Quella cioè tra un single e stagionato commissario di polizia della sezione Crimini Violenti (Siggi) e una piacente ventenne camerierina (Rosa) avventizia nel locale dove questi e il suo collega e amico storico (Mutti) vanno a fare colazione ogni mattina?
Uno scenario del tutto opposto e perfetto per l’intenzione di accendere ancor più l’interesse dello scalpitante lettore.
Nell’opera la migliore rappresentazione di Geli viene data da una reale amica e coetanea - figlia del celebre fotografo Hoffmann - che rivela anche il nome col quale lo zio Adolf è chiamato dalle tante giovanissime cui corre appresso: “Wolf (il lupo)”.
Henny comprende come nessun altro l’essenza dell’anima della povera Geli, schiava di sentimenti e azioni tristi che ne divengono presto carnefici: “
triste, spaventata, braccata, ma più di ogni altra cosa determinata a fuggire o a fargliela pagare”.
Nella realtà pare che Geli stesse progettando di scappare a Vienna per incontrare una vecchia conoscenza, l’amore del momento, Kurt Heigl un musicista, e per tale motivo sarebbe scoppiato un violento litigio con Adolf nel giorno stesso in cui la giovane perse la vita. Anche molto realistica appare la estesa descrizione di un’altra amica - inventata questa - Elfi:
«Ci parli di quell’uomo» riprese Sauer
. «L’amante di Geli.» La ragazza risollevò lo sguardo.
«Anche di lui so poco. Ho detto amante ma forse sarebbe più giusto chiamarlo spasimante. Non si conoscevano da tanto, e Geli non mi ha mai rivelato il nome. Stava molto attenta a non lasciarsi sfuggire dettagli su di lui, che aspetto aveva, come si erano conosciuti... +
Ma doveva essere uno di loro, un amico o un collaboratore di suo zio: Geli non aveva accesso ad altri uomini, e infatti finiva sempre per inguaiarsi con qualche ufficiale o membro del Partito...
Però non fatevi un’idea sbagliata, vi prego. So che girano voci su di lei, e ora che è morta si scateneranno tutti.
Ma Angela non era così, era solo un uccellino in gabbia, un meraviglioso usignolo che desiderava andare libero per il mondo e invece era costretto al chiuso di un appartamento.
Il trastullo preferito di un padrone tirannico.»Innegabile però, anche per le numerose testimonianze storiche, il dolore profondo dello zio per il gravissimo lutto. Fu visto distrutto nei giorni a seguire tanto che chi era vicino si preoccupò di fornirgli una stretta sorveglianza perché pativa e dichiarava anche impulsi suicidi.
Sarebbe stato l’unico vero perfetto (e benedetto!) suicidio tra i tanti altri accaduti a seguire l’evento... Pare anche che le ceneri di Geli abbiano sempre accompagnato il Führer nel seguito dei giorni, da lui custodite molto gelosamente.
Il giorno stesso della morte della nipote, Hitler sarebbe stato visto a cena in un locale di Monaco con la sconosciuta segretaria di Hoffmann, una certa Eva Braun, giovane che sarebbe presto divenuta famosa in Germania e nel mondo.
Diverrà la sua compagna, più o meno ufficiale, all’inizio del ’32. Sarà poi la donna che, compagna di vita, Adolf sposerà nel bunker di Berlino a fine aprile ’45, il giorno prima di finirla con un colpo di pistola per poi suicidarsi subito dopo.
E la pistola con cui ucciderà entrambi è la stessa con cui 14 anni prima era stata ferita a morte Geli.
La verità è che gli uomini, come la frutta, restano acerbi per gran parte della vita, e poi marciscono. La maturità, quando arriva, non dura niente.
Un tributo tenebroso e tardivo di una coscienza devastata e di un uomo ormai posseduto da una follia conclamata, o una espiazione tardiva rispetto quanto svoltosi in quel maledetto venerdì sera del 1931?
(la foto di Geli con zio Adolf è presa dal sito www.wikiwand.com)
Luigi Alviggi
Fabiano MASSIMI: L’angelo di Monaco
Longanesi, 2020 – pp. 496 - € 18,00