Calcio
Torna alla ricerca
Ancelotti Sessanta, 44 nel calcio
di Mimmo Carratelli (da: Roma del 10.06.2019)
Sono sessanta e Aurelio canta. Buon compleanno re Carlo, Carlo Magno, Carlo Ancelotti. Ghirlande e botti. Stasera spunta la luna a Marechiaro, pure li pisce nce fanno a ll’ammore. Carlo è il sole libero e giocondo, la nostra corona che il Napoli doma.

Ma Carlo è lontano, in Canada. Là spegne le sessanta candeline. Con la moglie canadese di origini spagnole, la bionda e svettante Mariann Barrena McClay.

Monarca europeo senza confronti. Nelle 166 partite in Champions 8 volte ha guidato il Parma, 10 la Juventus, 77 il Milan, 18 il Chelsea, 10 il Paris Saint Germain, 25 il Real Madrid, 12 il Bayern, 6 il Napoli. In Coppa Uefa/Europa League ha guidato 2 volte il Parma, 8 volte la Juventus, 20 volte il Milan, 6 volte il Napoli.

In Champions, Ancelotti ha conquistato 93 vittorie e 36 pareggi, 37 volte sconfitto. In Coppa Uefa /Europa League: 21 vittorie, 6 pareggi, 9 sconfitte.

f Vince la Champions due volte col Milan (2003 e 2007), una volta col Real Madrid (2014). Vince il campionato col Milan (2004), il Chelsea (2010), il Paris Saint Germain (2013), il Bayern (2017).

Lunga vita all’uomo di 1.083 panchine, 638 vittorie, 244 pareggi, 201 sconfitte. Ha una percentuale di vittorie del 58,9. Col Real Madrid toccò il 74,79. Sulla panchina azzurra s’è fermato al 57,69.

Sbarca a Napoli e coglie il settimo secondo posto della sua carriera (due con la Juventus; uno con Milan, Chelsea, Paris Saint Germain, Real Madrid e Napoli).

Qualcosa di napoletano c’era già nella vita di Ancelotti, il genero Mino Fulco, l’innamorato di Katia, nutrizionista di Mondragone che da cinque anni ha introdotto in famiglia la mozzarella di bufala in simbiosi perfetta con la mortadella reggiana.

Da ragazzo Carlo lavora nel podere del padre Peppino, a Reggiolo. Il padre dice: “Mio figlio è buono e riflessivo. Non l’ho mai sentito protestare. Sa essere umile. Qualche volta vorrei picchiarlo, ma lascio che lo faccia mia moglie”.

E la madre dice: “Carlo ha le spalle grosse, ha preso da me. Gli piacciono i cappelletti in brodo e lo stracotto che gli preparo io”.

Carlo lascia il podere di Peppino e il lambrusco di Reggiolo per fare il calciatore. Dopo essersi impratichito nella squadretta del paese, a sedici anni è nelle giovanili del Parma. Un anno dopo debutta in prima squadra, allenatore Cesare Maldini. Ha un bel passo e sa fare gol. Comincia la sua storia col pallone, nel secolo scorso, trentatré anni fa. Gioca 442 partite e segna 41 gol.

Nel 1979 la Roma lo prende dal Parma per 750 milioni di lire, la metà del cartellino. Resta otto anni fra i sette colli. Prende lezioni di tecnica e di vita da Liedholm. Vince uno scudetto e gli scricchiolano le ginocchia, due volte il destro, una volta il sinistro. Va al Milan per 5,8 miliardi. Frutta bene il ragazzo di Reggiolo al Parma e alla Roma.

xx Al Milan, in cinque anni, vince due scudetti e due Champions. Porta bene. Gioca l’ultima partita a San Siro, tra Gullit e Van Basten, Sacchi in panchina. Il Milan fa 4-0 col Verona e Carlo si congeda con una doppietta. È il 17 maggio 1992.

La strada è tracciata. Farà l‘allenatore, molto cervello e molto cuore. Comincia con la Reggiana in serie B. La piazza al terzo posto e conquista la serie A. In squadra c’è Nando De Napoli, 31 anni, sbolognato dal Milan.

Passa al Parma dei Tanzi e il Parma è uno squadrone con Buffon, Thuram, Fabio Cannavaro, Crespo, Enrico Chiesa, Sensini. Il suo 4-4-2 arretra Zola quarto a sinistra, in attacco Chiesa e Crespo. Zolino non gradisce e se ne va. Carlo si piazza secondo ed entra in Coppa Uefa (due partite e via). L’anno dopo, è sesto e gioca otto partite in Champions. Col Parma 87 panchine col 49,43 % di vittorie.

Si lascia attrarre dalla Juventus prendendo il posto di Marcello Lippi. I tifosi bianconeri lo sbeffeggiano. Agroppi commenta: “Ancelotti è passato dalla cantina al salotto buono. Dovrà darsi una sistemata e buttare via la gomma masticante. Non può masticare davanti alla panchina degli Agnelli. E non è bello com’era bello Lippi”.

Alla Juve resta due anni con due secondi posti. È la squadra di Del Piero e Zidane, di Ciro Ferrara e Antonio Conte, di Pippo Inzaghi, poi Trezeguet nel secondo anno. Nella prima stagione (1999-2000) perde lo scudetto, affondato da un gol di Calori sotto la pioggia e nell’acquitrino di Perugia. Gioca un anno in Coppa Uefa e due in Champions. Sono 114 le partite con la Juve col 55,26% di vittorie.

È già un allenatore europeo con 28 partite nei tornei continentali. Della Juve dirà: “Era una quadra che non avevo mai amato e che probabilmente non amerò mai”.

La sua isola felice è il Milan dove arriva dopo Fatih Terim. È il 2001-02 imperante Silvio Berlusconi. Si prende una immediata rivincita battendo la Juve di Lippi all’Old Trafford di Manchester, finale di Champions risolta ai rigori nel 2003.

Berlusconi spende e spande. Nel primo anno prende dalla Juve Pippo Inzaghi per 70 miliardi, Rui Costa per 85, Pirlo dall’Inter per 35. È il Milan di Shevchenko e di Paolo Maldini, di Gattuso. Ancelotti si piazza quarto. Lo scudetto va alla Juve.

L’anno dopo arrivano Nesta, Seedorf, Leonardo. Il Milan di Carlo si piazza terzo. Vince ancora la Juve. Ma l’anno successivo Ancelotti becca lo scudetto. Milàn l’è un gran Milàn. Berlusca gli regala Kakà e Crespo. Ma è ancora secondo posto nel 2004-05 mentre comincia il ciclo dell’Inter di Mancini prima, di Mourinho dopo. Carlo non vince più il campionato e mastica amari chewing-gum.

Spunta l’euro e al Milan arrivano Gilardino per 25 milioni e Jankulovski per 8,5. Christian Vieri giunge gratis, è svincolato, fa otto partite e un gol. Ancelotti freme, si piazza terzo. Svetta l’Inter col primo scudetto di Mancini. E ormai il cielo di Milano è sempre più nerazzurro.

Il Milan di Carlo, 2006-07, scende al quarto posto, l’Inter domina. Ancora più giù, Carlo, nel campionato seguente, quinto. È l’anno in cui arrivano Pato per 22 milioni e Ronaldo, spento e trentunenne, dal Real Madrid: era stato per cinque anni il fenomeno dell’Inter.

Con Mourinho l’Inter non la prende più nessuno. Al Milan di Ancelotti sbarcano ballerini di prima fila e indossatori: Ronaldinho per 21 milioni dal Barcellona e Beckham, ex stella di Manchester United e Real Madrid, che ha ormai 34 anni. Il Milan si piazza terzo. Dopo 420 panchine rossonere col 56,67% di vittorie, Ancelotti saluta.

Basta Italia, Carlo va incontro al suo destino europeo. Ed eccolo oltre le bianche scogliere di Dover, a Londra, terra della peccaminosa Mary Quant, che sollevò le gonne alle ragazze di Carnaby Strett, e dell’oligarca russo Abramovic che ha comprato il Chelsea per 140 milioni di sterline.

Carlo vince la Premier con un Chelsea di assi tra cui il famoso John Terry che tradì la moglie per appropriarsi di Vanessa Perroncel, moglie di un suo compagno di squadra e suo migliore amico. Ancelotti lascia il Chelsea dopo due anni e 109 partite (61,47% di vittorie).

Oltrepassa la Manica e sbarca a Parigi per condurre il Paris Saint Germain alla vittoria del campionato francese potendo contare sui tentacoli di Ibrahimovic, le serpentine di Lavezzi, la geometria abruzzese di Verratti, l’ascetica padronanza del gioco di Javier Pastore e l’eleganza sublime di David Beckham. Sono 77 le panchine in Francia col 63,64% di vittorie.

Irrequieto e giramondo, Carlo prende l‘aereo per Madrid e si sistema nel giardino Real di campioni irresistibili e uno si chiama Cristiano Ronaldo, il più bello di tutti. E ci sono il filiforme argentino Angel Di Maria e Gareth Bale, il più veloce gallese di tutti i tempi, il brasiliano Kakà che a trent’anni sta sfiorendo ma è sempre un bel figliolo e Iker Casillas che sta bene in porta e ancora meglio con l’affascinante Sara Carbonero, giornalista di Mediaset España.

Il 24 maggio 2014 Carlo Ancelotti, appena terzo nella Liga, trionfa a Lisbona sull’Atletico Madrid e vince la Champions che è la decima Champions del Real, molto particolare per i galacticos che non la vincevano da dodici anni. Sono 119 le panchine in Spagna col 74,79 % di vittorie, il suo record.

Trasferendosi dal Manzanarre al Reno, Carlo il Magnifico conclude il giro europeo a Monaco di Baviera e vince la Bundesliga. Esonerato però il 28 settembre 2017 con la luna al primo quarto. Congiure di spogliatoio. Solo 60 le panchine in Germania col 70% di vittorie.

Otto mesi dopo, il Signore manda lo Spirito Santo ad Aurelio De Laurentiis e lo Spirito Santo consegna ad Aurelio De Laurentiis il pizzino del Signore sul quale c’è scritto: “La Grande Bellezza è finita, prendi Carlo Ancelotti”.

Il 23 maggio 2018 Carlo Ancelotti cena e si intrattiene con Aurelio per un giorno e mezzo e firma per il Napoli. Avverte: “Non è il salame che fa male, ma il coltello”.

E così le cose si sono compiute. E oggi le abbiamo ricordate per i 60 anni di Carlo Ancelotti.

10/6/2019
RICERCA ARTICOLI