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Quella zazzera bionda sventolata a bordocampo
di Mimmo Carratelli (da: Corriere dello Sport del 11.12.2018)
Ed eccolo stasera, all’Anfield, il grosso funambolo del bordo campo, l’esagerato, il saltellante, con il vessillo della zazzera bionda trapiantata cinque anni fa, i denti bianchissimi ripuliti ben bene dalla nicotina, ecco il lupo di Stoccarda, l’ex ragazzo che ha vissuto nella Foresta Nera, il nuovo diavolo rosso del Liverpool, il profeta del gegenpressing, il menschenfranger (il catturatore), insomma Jurgen Klopp di un metro e 93 di fronte al quale il nostro Ancelotti è la madonna di Pompei, il buon pastore, un Buddha emiliano, il leader calmo, il quiet man contro l’esagitated, il self-mad-man, mad un po’ pazzo, l’happy face, l’allegrone.

Si definisce spudoratamente “normal one”, non avendo niente di normale, esorbitante e vistoso com’è, sorretto da un robusto epicureismo, voglio godermi ogni giorno come se fosse l’ultimo, così dice, e aggiunge: mi piace celebrare, bere o qualsiasi cosa perché domani potrebbe essere la fine.

Jurgen Klopp, ultimo paladino dell’edonismo reaganiano. Un eterno ragazzone, a cinquant’anni, che è stato il comandante dei gilet gialli ai tempi di Dortmund ed ora abbracciando tutti, sollevando tutti, spingendo tutti per un gol di Origi al 96’ contro l’Everton, nel derby di Liverpool, scandalizza l’aplomb britannico e provoca un’inchiesta dei parrucconi della Football Association contro l’esagerata felicità del tedescone.

Il calcio di Klopp è heavy metal, metallo pesante, è pressione, intensità, percussione, è l’inferno col pallone, è gli otto schemi delle ripartenze verticali, è la velocità e la reattività del footbonaut, la gabbia hi-tech, autentica gabbia di matti dove i calciatori, in un ambiente piccolo e chiuso, devono destreggiarsi con la palla, scattando, evitandosi, rimbalzando.

Klopp è Vercingetorige, grandissimo re di guerrieri con i tacchetti. Ma è anche il dottor Jurgen Klopp, laureato in scienze dello sport alla Goethe University di Francoforte, figlio di un calciatore dilettante e di una commessa di negozio.

Klopp è Furia, cavallo selvaggio del West inglese. Un domatore di leoni britannici. Un maniaco della tattica, cristiano protestante che prega ogni giorno. Un torturatore se vogliamo ricordare quando, allenatore del Mainz, portò in ritiro la squadra su un lago svedese senza elettricità e cibo perché voleva che i calciatori sentissero di poter sopravvivere a qualsiasi cosa.

Del resto, ama ricordare quello che gli diceva suo padre: il ferro affila il ferro mentre l’uomo affila l’uomo. Un fanatico di se stesso. “Il calcio è la sola cosa che so fare”. Odia il Barcellona, “perfetto e noioso”, e sogna partite vibranti, “il pallone di qua, il pallone di là, portieri che parano, pali, traverse e la mia squadra che fa bang”.

Famoso, a Liverpool, anche perché vi ha portato i miracoli della nutrizionista tedesca Mona Nemmer dispensando ai calciatori buffet di insalate, spremute, succhi di frutta fresca e il famoso “muesli”, una miscela di cereali, frutta, noci, fibre, pasta fresca dopo le partite.

Aspetta il Napoli e vuole fare bang dopo l’umiliazione del match al San Paolo. Stasera sarà ancor meno “normal one”. Sarà un drago sventolando la zazzera bionda a bordocampo, pronto a rotolarsi nell’erba e ad abbracciare un sogno.

11/12/2018
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