Calcio
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Gli scudetti di Achille Lauro
e quelli di De Laurentiis
di Mimmo Carratelli (da: Roma del 07.08.2018)
Era de maggio 1952 e cadéano ‘nzino, a schiocche a schiocche, li ccerase rosse.

Al primo piano del Palazzo della Flotta, tutto vetri, ferro e cartongesso su via Marina, davanti al porto, nello studio del Comandante la mano pelosa con macchie di sole di Achille Lauro agitò l’aria sino al corridoio adiacente.

Uomini di fiducia, giannizzeri, politici rampicanti, il figlio Gioacchino grande e grosso e il figlio Ercole piccolo e pallido, dipendenti e corifei mostrarono le loro facce da Giudizio universale, ansiose, sorprese e terrorizzate.

Il Comandante aveva 65 anni, era un bell’uomo e veniva dal mare nel pieno dei suoi exploit amatori. Tuonò con la voce profonda e rotolante: “Chiamatemi Monzeglio”.

Arrivò Eraldo Monzeglio, allenatore del Napoli, campione del mondo con la nazionale di Pozzo, istruttore di tennis di Mussolini a Villa Torlonia, la faccia decisamente littoria.

Il Comandante mise la mano pelosa con le macchie di sole in una tasca dei pantaloni che portava alti, quasi sullo stomaco, e disse: ”Monzeglio, qua dobbiamo vincere le elezioni comunali, io devo diventare sindaco e abbiamo i manifesti pronti, ‘un grande Napoli per una grande Napoli’, devo prendere i voti dei tifosi, voglio comprare un giocatore forte. Chi devo comprare?”.

Il centravanti dell’Atalanta” rispose Monzeglio, tosto e impettito, un fascio littorio.

Chiamatemi questa Atalanta” urlò il Comandante.

L’Atalanta è una squadra di Bergamo” precisò Monzeglio che avrebbe fatto la sua figura se si fosse affacciato da un balcone di Palazzo Venezia a Roma.

La mano pelosa con macchie di sole del Comandante tornò ad agitare l’aria dello studio, le facce dei convenuti, il mappamondo e l’intero stabile: “Chiamate Bergamo”.

Disse Monzeglio: “Il presidente dell’Atalanta si chiama Turani. È anche senatore”.

Presidente e senatore…”  commentò il Comandante quando uno degli astanti, il più informato, aggiunse: “Fa anche il commerciante di pelli”. Il Comandante tagliò corto: “Chiamatemi questo Turani”.

Ebbe Turani al telefono. “Senti, Turani – disse il Comandante con la voce profonda e rotolante. – Tu hai un centravanti…

Svedese” bisbigliò Monzeglio.

Tu hai un centravanti svedese – proseguì il Comandante. – Me lo devi dare”.

Si chiama Jeppson” disse Monzeglio con sicurezza fascista.

Turani – urlò il Comandante sventolando la mano pelosa con macchie di sole che mise a rischio la stabilità del mappamondo. – Quanto vuoi per questo Gepsòn?”.

Il senatore Daniele Turani, che aveva preso Jeppson dalla Svezia per 50mila dollari, azzardò: “Dovete tirare fuori una cifra che mi lasci a bocca aperta, diciamo cento milioni, 70 per l’Atalanta e 30 per il giocatore sul suo conto svizzero”.

E io, Turani, te ne do 105” replicò il Comandante. “Ci vediamo domani all’Hotel Excelsior di Roma”. Mise giù il telefono senza aspettare la riposta di Turani.

L’indomani, l’auto del Comandante arrivò in via Veneto a Roma e si fermò davanti all’Hotel Excelsior. Dall’auto scese un uomo piccolo con una valigia grande. L’uomo era Antonio Limoncelli, un fedelissimo del Comandante. Turani li aspettava nell’atrio.

Limoncè, apri la valigia” ordinò il Comandante. Limoncelli eseguì. Il Comandante si rivolse a Turani: “Qua ci sono diecimilacinquecento biglietti da diecimila lire. Sono 105 milioni”.

Il Napoli di Jeppson in tre anni arrivò quarto, quinto, sesto. La squadra segnò 155 gol, 44 li fece Jeppson. Achille Lauro stravinse le elezioni con 117mila preferenze e divenne sindaco di Napoli.

Tre anni dopo, la scena cambiò e si svolse nella grande stanza da sindaco di Achille Lauro al secondo piano di Palazzo San Giacomo davanti Piazza Municipio, sullo sfondo la Stazione marittima. Nella stanza, assessori e consiglieri comunali monarchici del partito di Lauro. E Lauro disse: “Chiamatemi Monzeglio”.

E Monzeglio arrivò, molto abbronzato, faccetta nera. S’era innamorato di una velocista napoletana, Marcella Jeandeau, e le mandava inutilmente fasci di rose rosse.

La mano pelosa con le macchie di sole sventolata dal Comandante mosse l’aria in tutto Palazzo San Giacomo e fece dondolare le navi nel porto: “Fra un anno ci sono le elezioni e io devo essere confermato sindaco di Napoli, chi compriamo?”.

Monzeglio rispose: “Ho visto un giocatore brasiliano fortissimo in una amichevole a Roma, gioca nel Botafogo, ma l’ha preso la Lazio”.

Chi comanda questa Lazio?” chiese il Comandante fermando la mano pelosa con le macchie di sole sulla scrivania da sindaco.

Il presidente della Lazio si chiama Mario Vaselli” disse Monzeglio.

“E che cosa fa questo Vaselli?”
Fa il costruttore” rispose un assessore comunale che conosceva il mondo.

Chiamatemi questo Vaselli” ordinò il Comandante.

Al telefono Vaselli disse: “Buongiorno, Comandante”. Lauro tagliò corto: “Vaselli, non perdiamoci in chiacchiere. Tu ha un giocatore brasiliano, mi serve, me lo devi dare”.

Siccome Vaselli tergiversò, il Comandante aggiunse: “Me lo devi dare, hai capito bene? Tu fai il costruttore, io devo rifare Piazza Municipio, ti do l’appalto dei lavori e tu mi dai questo brasiliano”.

Vaselli rispose di sì e il Comandante aggiunse: “Quanto costa?”. Vaselli disse: “Cinquanta milioni”. “Va bene cinquanta milioni” concluse il Comandante. Poi, rivolto a Monzeglio: “Ma questo costa la metà di Gepsòn, che schifezza sarà mai?”. E Monzeglio: “Si chiama Vinicio, è fortissimo”.

Vinicio fu presentato a Lauro a Palazzo San Giacomo. Con l’impeto affettuoso che lo distingueva nei momenti di euforia, il Comandante vedendo un bel ragazzo con un magnifico fisico disse: “Vieni qua, Vinicio”. E, come l’ebbe vicino, gli mollò un colpo sulla nuca a mano aperta, la mano pelosa con le macchie di sole.

Vinicio per poco non saltò addosso al Comandante, ignaro della potente affettuosità dell’uomo di mare. Fu trattenuto da Pippone Innocenti, che era alto la metà di Vinicio, aveva giocato nel Napoli ed era il consigliere calcistico di Lauro. Pippone sussurrò a Vinicio: “Ti vuole già bene”.

Il Comandante prese Vinicio e fu riconfermato sindaco con 276mila voti di preferenza nel 1956. Vinicio giocò un anno con Jeppson, ma il tandem-atomico non funzionò. Nei quattro anni successivi, il Napoli di Vinicio si piazzò dodicesimo, quarto, nono e tredicesimo, segnò 176 gol, Vinicio ne fece 53.

Se Lauro con Jeppson e Vinicio vinse due scudetti elettorali, Aurelio De Laurentiis con altri due centravanti ha vinto gli scudetti del bilancio. Ha comprato Cavani a 17 milioni e lo ha rivenduto al Psg incassando quattro volte il prezzo d’acquisto. Ha preso Higuain a 37 milioni e ci ha guadagnato quasi il triplo rifilandolo alla Juventus. Mister Plusvalenze, senza uguali.

Così è passato il tempo. Se fosse ancora vivo, Lauro avrebbe 131 anni. De Laurentiis ne ha 69. Il Napoli ne ha 92. Lauro odiava Jeppson che trescava con l’Inter per passare al club milanese e, proprio tornando da Roma dopo un incontro con emissari interisti, Jeppson ebbe un incidente d’auto sulla “fettuccia” di Terracina.

L’autista, che morì sul colpo, per evitare un cane portò la macchina contro un albero. Jeppson se la cavò. Lauro evitò di andare al matrimonio di Jeppson con Emma Di Martino di una nota famiglia napoletana. Il matrimonio si svolse sul Faito.

Fu invece compare di anello di Vinicio quando il brasiliano sposò a Napoli Flora Piccaglia di padre emiliano conosciuta a Rio. Fu un bel giorno di fine giugno, nel 1957. Si sposarono nella chiesa di San Francesco in Piazza Plebiscito. Vinicio arrivò in tight su una Cadillac.

La piazza era gremita e l’omaggio più sensazionale fu per Lauro al suo arrivo. Nanninella ‘a chiattona, capoclan laurina in ogni occasione, si sporse dalla transenna e urlò: “Comandà, tenite o cchiù bell pescione ‘e Napule”. Lauro rispose sventolando la mano pelosa con le macchie di sole.

7/8/2018
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