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Garella, il cuore ha ceduto
di Mimmo Carratelli
(da: Corriere dello Sport del 13.08.22
)
Claudio Garella, l’ultimo guascone tra i portieri italiani volanti e spericolati, è mancato ieri a Torino a 67 anni tradito dal suo cuore generoso.

Ragazzone schivo, falso rodomonte con quel fisico robusto e la statura imponente, era della razza dei portieri kamikaze e giaguari, l’erede di Ghezzi e Castellini. Vent’anni tra i pali e la gloria di due scudetti, col Verona di Osvaldo Bagnoli, due anni dopo col Napoli di Maradona.

È stato per tutti Garellik per le parate stravaganti, un portiere da fumetto eroico. Disse l’avvocato Agnelli: “Garella è il più forte portiere del mondo. Senza mani però”. Lui diceva: “La scarsa presa è una leggenda sul mio conto. Voglio dire che sono io a decidere di non trattenere il pallone perché è inutile andare in presa su certi palloni. Io paro con qualunque parte del corpo. L’importante è che il pallone non entri in rete. Tutto il resto è poesia”. L’inizio non era stato altrettanto brillante. Quando giocò nella Lazio, furono memorabili alcune topiche e Beppe Viola, col suo delicato umorismo, le definì “le garellate”.

Cominciò a giocare nelle giovanili del Torino, inizio anni Settanta, una sola partita in prima squadra, poi un po’ di qua un po’ di là, Juniorcasale, Novara, Lazio, Sampdoria, fino all’approdo a Verona.

Era il 1981, lo stesso anno in cui sulla panchina scaligera apparve Osvaldo Bagnoli, milanese del quartiere Bovisa. Era il Verona di Guidolin e Di Gennaro al quale Bagnoli si dedicò per nove anni costruendo a metà di quel percorso il Verona campione d’Italia con Tricella, Volpati, Luciano Marangon, Pierino Fanna, Galderisi il mini-bomber, il tedesco Briegel (che annichilì Maradona al debutto italiano del pibe al Bentegodi) e il danese Larsen, in porta Garella imbattuto in 16 partite delle 30 di campionato. Il Verona trionfò con la migliore difesa, quattro punti avanti al Torino di Radice.

Due anni dopo, al Napoli lo scelse Allodi su suggerimento di Maradona. Indossò la maglia che era stata di Zoff e Castellini, i suoi idoli. Rimase nel Napoli tre stagioni, giocando 88 partite. Vinse lo scudetto e una Coppa Italia. Quell’anno il Napoli fece una sontuosa campagna-acquisti. Con Garella arrivarono Pecci, Giordano, Renica più Filardi e Ruben Buriani. In tre sfuggirono alle lusinghe di Allodi: Boniek, Tardelli, Cerezo. Nel Napoli campione d’Italia, Garella rimase imbattuto in 14 gare su 29 partite.

Figlio di un operaio della Michelin, Garella aveva scelto di fare il portiere per vocazione. Era il ruolo che più lo esaltava. Nemico d’ogni stile, parava e basta. Disse lo scrittore napoletano Mimì Rea che andava allo stadio a vedere il Napoli di Maradona: “Garella è il marziano di Flaiano, sorprendente e sorpreso, sceso a Napoli da pianeti lontani. È un portiere che ha sdrammatizzato il ruolo del portiere. Del portiere non ha neanche le mani che usa pochissimo. Non fa l’eroe e non si atteggia a vittima quando lo battono. Para come un maggiordomo, a volte scivolando col vassoio in mano”.

Nell’anno dello scudetto col Napoli, fece una parata spettacolare a Udine. Era a terra e salvò la porta con una rovesciata. Proprio così, come un terzino.

Sua madre diceva: “Dicono che è brutto. Non sarà bellissimo, ma neanche così male”. E Garella parlava così di se stesso: “Dicono che sono goffo. E chi se ne frega. Intanto, paro anche i rigori”.

Preferiva giocare indossando un maglione rosso. Gli aveva portato fortuna a Verona e riteneva che gli attaccanti ne fossero un po’ stregati. Capofila nella “rivolta dei quattro” contro Bianchi, fu ceduto alla fine della stagione 1987-88. Disse: “Con un altro allenatore, avremmo vinto il doppio. Ma questa è solo una mia opinione”.

Sul famoso comunicato di sfiducia al tecnico, riconobbe: “Non avremmo dovuto fare un’uscita pubblica. Avremmo dovuto parlare in faccia con la società nel chiuso di una stanza”.

Fu ceduto all’Udinese in serie B e nella serie cadetta Garella concluse la sua carriera di oltre 500 partite giocando due gare con l’Avellino prima di ritirarsi nell’autunno 1990 a causa di un brutto infortunio.
12/8/2022
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