Calcio
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18 gennaio 1969
di Mimmo Carratelli (da: Corriere dello Sport del 10.01.2019)
E allora il Signore modellò la creta, e fu una creta irrequieta e sfuggente, e il Signore soffiò sulla creta e la creta ebbe le sembianze di Corrado Ferlaino.

E il Signore lo fece figlio di Modesto e di Cesarina Pasquali, e fratello di Renata, e coniuge di Flora Punzo, Patrizia Sardo e Patrizia Boldoni, e compagno di Roberta Cassol, e padre di Giulio, Tiziana, Luca, Cristiana e Francesca.

E per godimento il Signore lo fece napoletano, bugiardo, ingegnere, costruttore, pilota di auto da corsa e produttore cinematografico con un film su Che Guevara, latin-lover, calciatore dilettante squalificato a vita, guaglione che nun è fesso del comandante Lauro, ammiratore dei Borbone con calchi in bronzo di Ferdinando e Maria Carolina nel suo studio, cliente fisso del suk di Marrakech dove imparò a comprare, vendere e ricomprare la stessa cosa, guadagnandoci sempre, come avrebbe fatto coi terreni delle sue fortunate costruzioni.

E il Signore alla fine disse la donna è mobile, ma Corrado Ferlaino, figlio di Modesto e di Cesarina, ancora di più.

E Corrado Ferlaino fu l’uomo più veloce nel mondo del pallone, sgusciante e imprendibile, sfuggendo agli altri e a se stesso, errante, timido e risoluto, amante e amato, corteggiato e odiato, furbo e disarmante, con qualche vizio capitale molto personale e qualche virtù teologale.

E venne il 18 gennaio dell’anno 1969 e fu il giorno di santa Liberata con la luna nuova, e fu il sabato del Signore, e l’uomo che il Signore aveva modellato ebbe sembianze orientali, il viso come un’oliva e occhi bassi poco ridenti e molto fuggitivi.

E nel golfo di Napoli il sole sorse alle 7,34 e, undici ore dopo, l’uomo sorse presidente del Calcio Napoli.

E questo avvenne all’ora sesta del pomeriggio del diciottesimo giorno di gennaio dell’anno 1969 del Signore quando l’angelo del Signore con le sembianze terrene del telefonista del Calcio Napoli Mario Parente telefonò alla creta fatta uomo, e la creta fattasi Corrado Ferlaino rispose: “Pronto”.

Buonasera, presidente”, disse l’angelo telefonico. E fu l’annuncio che il figlio di Modesto e di Cesarina era salito al soglio.

E il soglio durò 33 anni, un mese e 12 giorni e fu un regno terreno che superò tutti gli altri regni terreni perché il Signore così volle e troncò il regno di Stalin dopo 29 anni, il regno di Mussolini dopo 21 anni e il regno di Napoleone dopo 15 anni.

E il figlio di Modesto e di Cesarina ricevette l’annuncio presidenziale mentre era sdraiato, da maragià napoletano, fra pelli di tigre e tappeti persiani nella sua residenza sul mare di Posillipo, e questa era Villa Gallotti dove conduceva la sua vita veloce di amori, macchine, affari e pelli di tigre.

E il Signore lo aveva fatto presidente con la benedizione del Comandate Lauro e l’astensione del corrucciato Roberto Fiore, i pilastri di una società di calcio in ebollizione, e fu un tumulto di emozioni e novità in cui il diavolo mise la coda.

E questo avvenne nella sede a mare della società azzurra quando furono rivoltati gli antichi equilibri del Calcio Napoli sui quali il Comandante Lauro, nel molto bene e nel molto male, aveva dettato legge per 33 anni, andando e venendo, però mai mollando, ma ormai, superati gli ottanta anni concessigli dal Signore, aveva perso il gusto del pallone.

E il giorno dopo, nella domenica del Signore, si giocò Napoli-Milan che finì senza reti e viso d’oliva e occhi poco ridenti e molto fuggitivi, nell’incognita della persona diventata nuovo presidente dei sogni azzurri, inutilmente corse da un lato all’altro della tribuna dello stadio San Paolo per soffiare sul pallone e indirizzarlo nella porta del Milan.

E venne il mese di luglio del calciomercato, e Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins stavano chiusi sulla sommità di un razzo lunare dall’altra parte del mondo, e in quest’altra parte, quelli vestiti da astronauti, Corrado Ferlaino in memorabile vestito azzurro carta da zucchero a righine bianche apparve sulla Luna del pallone, il molto popolare Hotel Gallia di Milano. E fu uno sbarco con quattro valigie, molto scompiglio e tanta meraviglia.

E l’uomo ingegnere in carta da zucchero e viso d’oliva prese alloggio nella suite 237 del secondo piano dell’albergo e fittò altre sei camere sparse nell’hotel per nascondersi, apparire e scomparire, fissando un salone per la rivelazione della sua venuta al mondo del pallone per grazia di Dio, volontà di Lauro, declino di Fiore e consenso di San Gennaro.

E il Signore molto lo mise alla prova nella buona e nella cattiva sorte perché era nato Toro con Luna e Ascendente, entrambi nel segno dei Gemelli, e particolarmente esposto ai transiti negativi di Saturno.

E ormai Neil Armstrong camminava sulla Luna. E Corrado Ferlaino correva per i corridoi del Gallia e acciuffò i primi undici giocatori della serie di 309 giocatori che contrattò, declinò, attrasse, respinse e prese nei 33 anni, un mese e 12 giorni della sua presidenza senza paragoni, tra l’Inferno dei debiti, il Purgatorio delle dimissioni e dei rientri e il Campo Paradiso dove giunse il pibe de oro dei sette anni di meraviglia, e fiorirono due scudetti, una Coppa Uefa, due Coppe Italia, una Supercoppa italiana, due retrocessioni nell’epoca di gloria, smarrimento e perdizione, indebitamento e bombe-carta e un giorno trascorso nel carcere di Poggioreale di fronte a un giudice-donna per tangenti ammesse e confessate della sua febbrile attività di costruttore.

E questa e molto altro è stata la vita dell’uomo di tre mogli, molti amori, follie e abbandoni, fughe e palazzi, presidente di 26 allenatori, 14 direttori sportivi e i 309 giocatori, da Frappampina a Maradona, il suo amore e il suo idolo, ma anche la sua caduta quando, dopo avere toccato il Cielo con Dieguito, volendo andare più su, precipitò, Icaro del football, con le ali bruciate.

E per gli scribi del pallone il figlio di Modesto e di Cesarina è stato una frenesia, rincorso agli angoli di mille strade e cento città, su treni, taxi e aerei, per carpirgli una bugia o una verità bugiarda, la dannazione di un inseguimento continuo, lui sempre in piedi, andando di qua e di là, avanti e indietro, un leone mai in gabbia.

Un fenomeno pari alla rotazione terrestre, eclissandosi spesso come la Luna, comparendo a volte come Re Sole e finendo come Re Solo avendo molto peccato in opere, omissioni, dimissioni, ingaggi, cessioni, illusioni e disperazioni fino al giorno in cui, un martedì, ed era il dodicesimo giorno del secondo mese dell’anno 2002, il sole tramontò sul lungo regno dell’Ingegnere.

E lui ebbe l’età dei 71 anni, non proprio un numero favorevole nell’ammiccante smorfia napoletana.

E fu verso il tramonto, al Campo Paradiso, che gli anni hanno cancellato, cancellandone glorie e baldorie, che apparve in un elegante abito Attolini e si allontanò su un’auto giapponese mostrando il pugno chiuso delle vittorie, il volto fisso in una gioia rappresa, il naso arricciato, le pieghe marcate agli angoli della bocca, un sorrido stirato e la vena verticale sulla fronte spaziosa.

E quello fu il giorno che chiuse il regno di 1050 partite, 10 milioni di spettatori, 370 miliardi di incasso e 470 di spese, le finte dimissioni del 1971 e del 1983, il momentaneo abbandono del 1993, le quattro bombe incendiarie sotto casa, le cinque qualifiche, i tre cani della fedeltà assoluta e Caio morto prematuramente.

E il Signore misericordioso lo accompagnò da Soccavo a Capri dove fu visto, per molti giorni, attraversare velocemente la Piazzetta col cane lupo Tizio e l’alano Cornelia.

E per gli scribi del pallone sopravvenne il tempo della nostalgia perché mai un uomo ingegnere col volto di un’oliva, gli occhi poco ridenti e molto fuggitivi, le gambe veloci e la voce rauca e bugiarda delle mezze frasi e delle mezze parole ne aveva esaltato il lavoro per un tempo irripetibile.

E oggi, nel diciottesimo giorno del primo mese dell’anno 2019, si celebra, vietato agli estranei e ai poveri di cuore, il giorno di cinquant’anni fa in cui la stella cometa si inclinò su Villa Gallotti e indicò nell’ingegnere figlio di Modesto e di Cesarina il nuovo presidente azzurro e il più longevo, l’uomo che, quando il Napoli vinse il primo big-match della sua carriera di presidente, fece recapitare cinquecento ceri di ringraziamento e devozione a San Gennaro nella basilica del santo alla Solfatara.

E così il tempo è passato, as time goes by, e l’Ingegnere balla con Roberta nel suo eremo-albergo di Ercolano, perché l’Ingegnere è un ottimo ballerino nella soavità degli 88 anni, e la musica va, cantata da Dooley Wilson, al piano Elliot Carpenter, in questo giorno di cinquant’anni fa, e la canzone dice “you must remember this”, devi ricordare questo, oggi.

11/1/2019
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