Contatta napoli.com con skype

Calcio
Bentornato Diego, re magio della gioia
di Mimmo Carratelli (da: il Mattino del 14.01.2017)
Questo spettacolare ritorno di Diego a Napoli, nel senso di ritorno “con spettacolo”, nel fuoco d’artificio tra gli offesi paladini della sacralità del luogo che lo ospiterà e i fan della sacralità riconosciuta ai miti, suscita una emozione levigata dal tempo trascorso, trent’anni da un indimenticabile trionfo sui campi di calcio, ma resiste l’affetto grande della generazione prima dei millennials per il ragazzo, oggi vicino ai cinquanta, che fu “uno di noi” e che definì Napoli “seconda mamma mia”.

È un ritorno che non può avere la scossa dei tempi delle magìe e delle “rabone”, ma anche di quel primo riapparire al San Paolo per la festa di Ciro Ferrara, che finì inevitabilmente per essere la sua festa, la festa del “più grande”. Siamo “in un mondo diverso dove crescono altri pensieri”.

Viene da un altro mondo, Diego, un altro millennio, e da un altro calcio naturalmente, e noi con lui.

Se il cuore batte sempre per lo scugnizzo di Buenos Aires e di via Scipione Capece e per il giovane uomo che fu vizioso e disperato vincendo però, contro la droga, la sua partita più dura, quei suoi anni drammatici che l’hanno avvicinato a noi ancora di più, ora c’è un velo di malinconia sulla cassaforte che custodisce i ricordi di una favola irripetibile e di un incontro di incantamento.

Oggi, una patina serena (non più gli antichi furori e le splendide esaltazioni) accompagna e copre quest’altro ritorno di Maradona tra noi.

Non saremo così sciocchi da andare alla ricerca del tempo e della felicità perduti. Il tempo è passato, velocemente passato, e niente, proprio niente è come prima al punto da pensare che non sia più possibile un “fenomeno Maradona”, sublime artista della palla ma anche straordinaria esistenza umana, al vertice d’ogni virtù e di ogni peccato, di ogni resa e di ogni riscatto, e viandante destinato al fatato incontro con Napoli.

Il mondo di oggi (e il calcio con esso) insegue, esalta, imita protagonisti che non lasciano traccia. Non esiste più quel viluppo di sentimenti, passioni, ingenuità, dedizione, incantesimo, attese, illusioni e sogni che crearono Maradona a Napoli. Una fantasia unica. Un prodigio esclusivo. Un fenomeno straordinario.

A metà degli anni Ottanta, quando arrivò il pibe de oro, grazie alla tenacia di un napoletano tenace com’è stato Antonio Juliano e alla genialità finanziaria acrobatica di Corrado Ferlaino, Napoli era una città vinta, depressa, trascurata come nei suoi continui ricorsi storici.

Vivevamo per gioco, da Edenlandia al San Paolo. La nostra era una disperazione spettacolare variamente e perfidamente raccontata, ancora con le macerie del terremoto sulle quali amministratori e politici costruirono vicende non ancora risolte.

Su quel disastro fiorirono Massimo Troisi e Pino Daniele, e poi arrivò Diego. Le eterne risorse di una città piegata però mai doma.

Trent’anni dopo, le cose peggiori non sono cambiate, ma una specie di maquillage politico e una resa incondizionata rendono meno disperati e napoletanamente rassegnati i giorni grigi della città su cui però tuona la voce di Gomorra e la paranza dei bambini non gioca col pallone e non mira l’incrocio dei pali.

È cambiato il calcio, è cambiato lo stadio non più sede di forsennati furori e di una passione più profonda e ingenua, è cambiato il Napoli.

Ora abbiamo un club condotto con sano giudizio economico e una squadra ripetutamente in Europa e che gioca il più bel calcio d’Italia.

Uno slovacco dal viso e con gli occhiali da studente molto bellino, acquartieratosi a Castelvolturno e col cuore consegnato alla città, ne è il capitano fedele.

È un Napoli di cui dovremmo essere tutti contenti, molto stimato e ammirato, da applausi. Eppure manca qualcosa. E non sono le vittorie massime, i traguardi “proibiti”, lo scudetto e altre soddisfazioni di vertice di cui sentiamo la mancanza.

Qualcosa ci sfugge come un sentimento più forte, più profondo, più allegro. Ci manca la gioia. Quella che seppe regalarci il pibe. L’avevamo dentro, nascosta, oppressa, e Diego la tirò fuori.

Per questo il Napoli di oggi è lontano da Diego e Diego è lontano. Due mondi troppo diversi per incontrarsi veramente. Il Napoli di oggi ha staccato col passato azzurro, forse per non sentire il peso di una grande storia popolare, anche se avara di vittorie essenziali, che avrebbe potuto condizionarlo.

Se ne è affrancato andando per la sua strada moderna, fatta più per gli occhi che per il cuore, un percorso magnifico ma senza le vibrazioni di un tempo, il tempo magico e lontano di Diego.

Perché questo è stato Maradona a Napoli, profeta di gioia, messaggero di felicità, re mago di allegria.

I millennials potranno vedere i filmati e ascoltare i racconti su Diego e ne avranno gli occhi pieni di meraviglia. Ma né i filmati né i racconti potranno toccare il loro cuore come è successo a noi che c’eravamo. E non succederà più.

Il prossimo Maradona, se mai ce ne sarà uno, con i tempi che corrono verso un futuro sempre più tecnologico, sarà un robot irreprensibile, avrà riccioli e occhi neri, e il piede mancino ben programmato, ma niente di più.

L’originale, il vero e unico Diego Armando Maradona, che nostalgia!
14/1/2017
RICERCA ARTICOLI