Arabo
Diario di viaggio nel Kurdistan Iracheno – 3
di Alessandro Ciampa
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“Ciascun volto e ciascun credo sono il simbolo della vita. E tutta la vita merita rispetto. È trattando gli altri con dignità che si guadagna il rispetto per se stessi”.
Rispetto per gli altri, rispetto per se stessi, rispetto per i diritti, per le minoranze, rispetto, rispetto, rispetto.
Una parola che continuamente si usa e si abusa, una parola che dovrebbe essere giustamente ponderata e utilizzata, affinché nel mondo e nelle nostre società ci possa essere reale e empatico rispetto, di tutti, ma che non sia estremo e paradossalmente assurdo.
Si, abusare del rispetto per altri, può spesso sfociare nel ridicolo come il coprire opere d’arte per fare un presunto piacere a una persona in visita nel nostro paese, oppure pretendere che si stravolgano tradizioni di una cultura, come “cancellare” il natale, per non “turbare” la morale di qualcuno, a discapito di normali usi e costumi sociali radicati da centinaia di anni.
Lascio il Kurdistan con questa fotografia: il rispetto!!!
Ho visto questo fra due religioni emblematiche, che faticano a convivere in tanti luoghi e paesi del mondo. Eppure qui ho respirato reale riguardo, i cristiani, che sono una netta minoranza, rispettano le usanze musulmane, e non sono turbati per i momenti di preghiera islamica nelle scuole o negli uffici, quando sono in pubblico non portano il velo, ma non si vestono in modo volgare e offensivo per l’altrui morale.
I club e i bar sono appartati, non nascosti, semplicemente appartati, perché in queste terre i cristiani vivono, pregano e fanno quello che vogliono, ma nel puro rispetto della cultura e dello stile di vita del paese, e della stragrande maggioranza dei suoi cittadini.
I musulmani (kurdi) dal canto loro, non vietano nulla alle minoranze etniche, consentono ampia libertà, nel rispetto delle regole, e anche la gente comune non si sente minacciata dall’altrui diversità.
Non ci sono proteste o indignazione per l’apertura di bar o locali occidentali, e non obbligano nessuno a fare nulla, contro la propria volontà, il proprio credo e i propri usi e costumi.
Sarà per questo che l’Isis odia tanto questo posto, Erbil, città che ha subito qualche attacco negli ultimi anni, ma i Peshmerga, con l’ausilio degli americani sono sempre riusciti a respingere i tentativi di assalto dello Stato Islamico.
Nell’ultimo giorno di permanenza nel paese, ho cercato di conoscere di più la città, ho visitato il grande mercato, il bazar coperto, la cittadella e alcune zone attigue al centro.
Ho incontrato tanta gente sorridente, gentile e affabile. Camminare da solo, in questa città, se all’inizio poteva incutermi timore, adesso è estremamente piacevole, non c’è nulla da temere, la guerra si respira, si intravede in tante cose, è al confine, ma qui la città resta un’oasi nel deserto di pace, rispetto (ho abusato di questa parola, ma è quello che più mi è rimasto dentro di questo viaggio) e soprattutto speranza, in un’ampia regione martoriata e disperata.
Nella notte, una volta superati i 4 check point di militari e polizia, che sorvegliano il blindatissimo aeroporto, ho lasciato il paese con una valigia di cultura e di esperienza piena, e completamente nuova.
Lascio Erbil e il Kurdistan desiderando di ritornare e visitare anche il resto dell’Iraq e della Siria, ovviamente con scenari diversi. Un sogno che potrebbe realizzarsi un giorno.
Grazie a tutti di avermi letto, commentato, appoggiato in questo breve ma intenso viaggio, spero di aver dato voce a chi ne ha poca, e attraverso le mie parole spero vi abbia fatto conoscere meglio questi luoghi e la situazione che si vive da queste parti. Grazie a tutti.
Potete leggere la altre puntate del reportage cliccando qui:
http://www.napoli.com/viewarticolo.php?articolo=42161
http://www.napoli.com/viewarticolo.php?articolo=42168