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Approfondimenti
Per l'amico Gino Langella
di Franco Polichetti
Caro Gino, mi hai chiesto notizie, sul Canale del Conte, che a Sarno, era più noto con il toponimo dialettale “Fuosso ò Conte”.

Immagino e mi auguro, per i motivi cui accennerò in questo scritto, che la tua richiesta sia afferente solo alla parte storica e archeologica del canale, e quindi eccoti la versione sinteticamente rielaborata ed aggiornata, di una mia ricerca, di parecchi anni addietro, che però ha inizio con la storia del Sarno dalle origini al 1843. Spero che non sia noiosa questa, un po’ lunga, digressione.

In quell’anno 1843 il Re Ferdinando II di Borbone intervenne per chiudere la secolare vertenza sulla paratia che il conte di Celano Alfonso Piccolomini D’Aragona aveva eretta, la prima volta nel 1530, a Scafati, sul fiume, all’altezza della Chiesa Madonna delle Vergini di fronte all’odierno Municipio, per alimentare due mulini di sua proprietà impiantati sulla riva del Sarno.

Questo manufatto costituì la prima grande alterazione dell’equilibrio idraulico del fiume che fino a quell’anno aveva continuato a scorrere placidamente verso il mare con tutti "gli onori e gli attributi" con cui gli antichi storici ce l’hanno descritto e tramandato.

La controversia conseguente a questo sbarramento, portata nei tribunali, dette luogo ad un secolare contenzioso perché il Conte ed i suoi eredi, dopo ogni ordinanza di rimozione pronunciata dalla magistratura, trascorso un breve lasso di tempo, ostinatamente ricostruivano la chiusa.

Erano trascorsi più di duecentocinquanta anni quando il Re Ferdinando secondo di Borbone, preoccupato per i gravi danni alla salute degli abitanti che il ristagno delle acque conseguente all’elevazione della paratia, produceva in quelle località, con un Rescritto del 6 agosto 1843 ordinò “che se vi erano spedienti di arte per riparare agli inconvenienti prodotti dagli ostacoli esistenti sul fiume li riproponessero, e nel caso negativo si distruggessero”. (cfr. V. Galanti in Nuova descrizione delle Sicilie T. III pag 265).

Ma andiamo all’inizio, per quanto possibile, della storia del nostro fiume.

Il Sarno, come tu sai, è un breve corso d’acqua di soli ventiquattro km però molto importante per il suo esteso bacino idrografico e per la sua storia documentata e rintracciabile a partire dall’VIII secolo a. C. quando s’intreccia con la storia della nascente città di Pompei.

L’estuario del Sarno, crescendo l’importanza di Pompei, divenne il porto e la via commerciale da e verso il mare di questa città; infatti il suo corso collegava l’entroterra campano con il golfo di Napoli cosicchè merci, derrate agricole e manufatti, in partenza ed in arrivo, da Nola, Acerra, Nocera e forse anche Capua venivano smistate verso i maggiori centri portuali del mediterraneo ovvero da questi recapitate verso l’interno della Campania.

Il più antico tracciato del Sarno compare nella Tabula Peutingeriana; una tavola militare romana così denominata da Peutenger, un antiquario austriaco, possessore di una copia di quella più antica che si trova a Vienna, ma il tracciato segnato su quella tavola testimonia solo l’importanza che fin dall’antichità fu attribuita al fiume, ma non arricchisce molto la nostra ricerca.

Il fiume, come attestano i dipinti rinvenuti in alcune domus pompeiane è stato costantemente oggetto di culto per essere stato identificato con una divinità ed è sempre raffigurato sotto forma di vecchio barbuto sdraiato mentre solleva un’anfora da cui fuoriesce l’acqua.

L’unica rappresentazione in forma plastica, è quella rinvenuta nel comune di Sant’Egidio del Monte Albino, scolpita sulla faccia frontale di un blocco di marmo modellato a bacino, opera del I sec a. C. e nota come Fonte Helvius.

Negli scavi di Foce, sono state rinvenute statuine votive e vari oggetti raffiguranti donne e parti del corpo umano quali ex voto, offerti alla divinità delle acque per impetrare salute, fertilità, ed abbondanza.

La storia degli abusi sul Sarno comincia, come abbiamo innanzi accennato, con il feudatario di Scafati, Conte di Celano, allorquando, costui per utilizzare l’energia idraulica necessaria al funzionamento dei suoi mulini, realizzò il primo sbarramento fisso sul fiume.

Allora, il suo mulino sorgeva sulla sponda destra del fiume.
Fu proprio la realizzazione di questo sbarramento la prima causa di turbativa del sistema fluviale che, inevitabilmente, per accumulo dei materiali detritici trasportati dalle acque, portò all’innalzamento del greto, con la conseguente riduzione della sezione utile dell’alveo.

Quando gli eventi meteorologici portavano pioggia intensa, aumentava la quantità d’acqua del fiume e la sezione utile dell’alveo, essendo stata ridotta, non risultava più sufficiente a contenerne tutto il volume, il che causava estese e frequenti esondazioni.

Tali inconvenienti, per i danni che apportavano, furono oggetto di un perenne contenzioso giudiziario tra l’Università di Scafati (cioè l’amministrazione comunale dell’epoca) e il feudatario e i suoi eredi.

Questo stato conflittuale durò più di trecento anni, e si concluse come innanzi già detto, nel 1846 con il rescritto di Ferdinando II.

Intanto, una volta così turbato l’equilibrio naturale, le frequenti esondazioni nell’arco di poco più di cento anni, ridussero quelle terre, che una volta erano campagne felici ed ubertose, in un regno di acquitrini infestati dalla malaria.

Bisogna però riconoscere e dire che, anche se da un lato l’equilibrio ambientale fu alterato, dall’altro le condizioni economiche di quella regione progredirono e migliorarono e ciò grazie anche alle due successive infrastrutture costituite dal canale del Bottaro e dal canale del Conte di Sarno, che recapitando l’acqua nei luoghi appropriati, consentirono lo sviluppo di molte ed importanti attività industriali.

In tal modo il Regno borbonico raggiunse delle eccellenze assolute (di cui ancora oggi molto poco si riconosce) in tutti i campi, a partire dalla metà del 700 (età di Carlo III) fino all’improvvida e male impostata realizzazione dell’unità d’Italia del 1861.

I lavori di costruzione del canale del Conte iniziarono nel 1592 per volontà del Conte di Sarno Maurizio Tuttavilla, che volle rifornire d'acqua i molini di sua proprietà situati in Torre Annunziata nonostante l’opposizione ed il conseguente lungo contenzioso promosso da due forti oppositori:

- La Mensa Vescovile di Sarno, che vantava diritti sulla proprietà delle sorgenti di Foce
- I conti di Celano, signori di Scafati, di cui abbiamo già raccontato, perché proprietari di due mulini in località Bottaro, temevano sia un impoverimento del letto del fiume Sarno, sia la forte concorrenza che avrebbero potuto esercitare i mulini di Torre Annunziata, più vicini a Napoli.

Il Conte di Sarno nonostante il contenzioso già in atto promosso da questi potenti oppositori dette ugualmente inizio a quei lavori che da tempo aveva divisato di realizzare.

Ma le difficoltà di realizzazione non si fecero attendere. Ne emersero subito alcune di natura tecnica come la scarsa pendenza del terreno e il superamento dell’altura di Pompei, altre di natura più propriamente esecutiva per l’assenza di precise indicazioni altimetriche necessarie per gli scavi.

Mi piace a questo punto riportare testualmente la poetica descrizione che di questi fatti fece il grande Maiuri nel suo libro Passeggiate Campane“Ma Tuttavilla non era un ingegnere delle acque e nel canale da lui fatto costruire le acque andavano a ritroso risalivano verso le sorgenti e impaludavano il piano.
Ci volle l’architetto Domenico Fontana (Il Fontana, in quel periodo si trovava a Napoli chiamatovi da Roma dall'allora vicerè Fernando Ruiz de Castro, VI Conte di Lemos per la costruzione del nuovo Palazzo Vicereale che avrebbe dovuto ospitare il Re Filippo III di Spagna, atteso a Napoli con la sua consorte per una visita ufficiale che non avvenne mai) a mettere in regola il deflusso del canale con la pendenza del terreno.
Perforò arditamente, come avrebbe potuto fare un architetto romano, la collina della Civita e fu il primo vero scopritore di Pompei.
Prima dunque del piccone dell’archeologo fu il dio Sarno, il nume presente di queste acque, a ritrovare per occulte vie sotterranee la sua sepolta città.
Per questo libai ancora una volta, religiosamente, l’acqua gelida e pura delle sorgenti del Sarno”.

La galleria sottopassante la città di Pompei è lunga 1764 metri quindi un’opera di ingegneria idraulica di sommo interesse per l’epoca in cui fu realizzata.

Nel 1605, superate tutte le difficoltà, il canale fu completato, come si evince “dall'istrumento del 26 settembre 1605. Così il conte Muzio Tuttavilla aveva tenuta fede alla promessa fatta nell'istrumento del 1 settembre 1597, lasciando la figlia Maria unica erede dei suoi beni”.

Il canale entrò subito in esercizio ed assolse con soddisfazione del Conte la funzione per cui era stato concepito e realizzato e per ben trecentocinquanta anni continuò ad assolverla rimanendo in esercizio fino a tutti gli anni cinquanta.

Esso ha costituito per tutto questo lunghissimo arco di tempo un importante e fondamentale fattore di sviluppo urbano ed industriale della città di Torre Annunziata.

Rinomati pastifici e numerose industrie molitorie sorsero e si svilupparono proprio a partire da questo periodo.

Nel corso degli anni sessanta la quantità di acqua derivata dal Sarno fu progressivamente ridotta e il canale si avviò ad essere semplicemente un ricettore di fogne, di scarichi di acque luride e di materiale di rifiuto d’ogni genere.

Per questa ragione divenne un veicolo inquinante e la sua foce fu completamente ostruita con la conseguenza che il ristagno dei liquami finì col diventare un permanente propagatore di infezioni per gli abitanti tanto che si cominciò ad interrarlo.

In tempi recentissimi si sta cercando di utilizzarlo solo per un tratto terminale con un’opera faraonica indefinita ed incomprensibile, forse più valida come esempio di malcostume fra affari e politica.

La distruzione di un canale storico come il canale del Conte di Sarno è oggi pressocchè compiuta, mentre avrebbe potuto e dovuto essere tutelato come esempio di archeologia industriale.

Di fronte a tanto disastro non so che apporto potrà dare una denuncia da queste pagine, delle assurdità tecniche e dei potenziali distruttivi delle iniziative adottate negli ultimi 38 anni.

In esse sono implicate Cassa per il Mezzogiorno, Commissario Straordinario e PS3 – Regione Campania, Arcadis e Grande Progetto.

Ci aiuti e ci ispiri Iddio!

nella foto: la fontana dedicata al Dio Sarno 

10/10/2015
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