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L'Esiliato
di Enzo Ciaccio (da: retenews24 del 21.06.2015)
Ha realizzato opere bellissime in mezzo mondo, ma – pur vivendo a Napoli – nessun sindaco gli ha mai chiesto un consiglio.

Eppure per il critico d’arte Philippe Daverio, l’architetto Francesco Venezia, 71 anni, è tra gli “optimates” cui far ricorso per salvare la città.

Lui racconta la sua “ricetta” ma si schernisce: “Ho un carattere difficile”. E se la prende con la burocrazia “che rallenta tutto”...

Hanno scritto che la sua è architettura “dalle apparenze reali”. Lo cercano a Venezia e a Berlino, a Losanna e ad Amiens, ad Harvard e in Giappone.

Ha realizzato opere straordinarie in molti luoghi del mondo (perfino quelle – sconvolgenti – sulle rovine di Gibellina, in Sicilia, dopo il terremoto nella valle del Belice).

Insomma, è una personalità di indubbio rilievo internazionale, ammirata e stimata.

Eppure, a Napoli vive quasi come un esiliato. Nessun sindaco ha mai sentito il bisogno di convocarlo, né di chiedergli una prestazione professionale, un consiglio o almeno una mano per provare a risollevare le sorti della città.

“Dicono che ho un carattere difficile”
, mormora lui tagliando corto.

Philippe Daverio, critico d’arte, giornalista e conduttore televisivo, ha detto che “è uno dei pochi optimates (cioè delle intelligenze migliori in circolazione) che Napoli e il Sud d’Italia dovrebbero cooptare di corsa se vogliono salvarsi dalla deriva trash che è in atto” e che “tutto svilisce e banalizza”.

Non è vero che Francesco Venezia, 71 anni, architetto, ha “un carattere difficile”.

È vero, però, che ha l’abitudine di “voler fare sempre le cose sul serio”. E ciò, con in tempi che corrono, per molti è imperdonabile.

Architetto, quanto le manca non lavorare a Napoli?
“Una volta un giornalista mi disse: ringrazi Dio che qui nessuno la chiama. Ci rimasi male, ma poi ho capito che aveva ragione”.

Perché?
“Sono uno che vuole raggiungere il risultato a tutti i costi”.

E allora?
“Con me non c’è spazio per chi nel frattempo vorrebbe realizzare i fatti suoi”.

Le consulenze al Sud sono spesso fonte di scandalo.
“I professionisti coinvolti nelle consulenze sono di primissimo livello. E molto attraenti dal punto di vista mediatico. Però…”

Però?
“Spesso è gente che vive lontano. E essendo lontano, tutto si fa più facile per chi opera a Napoli”.
Che fine farà la bonifica a Bagnoli? E il rilancio di Napoli Est?
“Da quei pantani non si esce, mi creda. Almeno, non nei tempi che una persona di 71 anni come me è in grado di consentirsi”.

Addirittura?
“La macchina burocratica a Napoli è inceppata in maniera spaventosa. E non c’è verso di rimetterla in moto”.

Spieghi meglio.
“Prenda il cantiere della Metro in piazza Municipio”.
Che cosa c’è che non va?
“Ogni Natale se ne proclama l’inaugurazione. Invece, non succede mai niente. Quella è un’opera che si fa in tre anni. Invece, sono trascorsi quindici anni e stanno ancora lì a perdere tempo”.

Non è troppo severo?
“Ha visto: hanno inaugurato un ingresso che sistematicamente si allaga. È ignobile. E a Bagnoli…”
A Bagnoli?
“Quante volte è stata inaugurata la Porta del Parco? Due? O tre?. E in piazza Garibaldi…”.

Che succede?
“In quel cantiere si coniuga la lentezza dei lavori con un progetto contro natura che fa convergere tutte le acque pluviali verso il centro. Ogni volta che piove, sono dolori”.

Perché il ritmo dei cantieri a Napoli è così da lumaca?
“In Francia ho scavato nell’area della cattedrale di Amiens, cioè sotto uno dei siti più delicati del Paese”.

Ebbene?
“Abbiamo innalzato il polo universitario giuridico ed economico, un bellissimo edificio di cinque piani. Sa quanto tempo abbiamo impiegato?”

Quanto?
“14 mesi, compresa l’installazione degli arredi fissi. Pensi che il nostro cruccio è stato per i 15 giorni di ritardo registrati sul crono-programma”.

Come si fanno i miracoli?
“Nessun miracolo. Lì ogni settimana si tenevano riunioni di cantiere che duravano due giorni, ogni visita sui lavori si protraeva per almeno otto ore e vi partecipavano anche i rappresentanti delle istituzioni locali.

Non si accumulava mai ritardo?
“Sì, ma se si registravano tre giorni di ritardo sulla tabella di marcia l’obbligo era di recuperarli entro una settimana”.

Sembra la Luna, rispetto ai cantieri del Sud d’Italia.
“La burocrazia efficiente vuol dire disporre di professionisti del crono-programma in grado di rendere fluido il lavoro di tutti. In Italia e al Sud, invece, tutto ciò è inceppato”.

Dai noi i lavori si bloccano anche per colpa dei reperti archeologici che saltano fuori durante gli scavi.
“Ad Amiens trovammo resti romani nelle fondamenta della biblioteca: il rappresentante dell’ente locale disse che avrebbe preteso lo stop dei lavori solo se fosse venuta fuori roba a livello di Cappella Sistina”.

Altrimenti?
“Altrimenti si tomba tutto. E si procede”.

A Napoli, invece?
“In piazza Municipio sono state trovati resti di mura romane come ce ne sono a centinaia nei nostri musei: di che cosa restiamo incantati, allora? E perché ci si ferma sprecando tempo?”.

Eppure, lei è un teorico dell’importanza culturale delle cosiddette “rovine” archeologiche, da cui – sostiene “rinasce” spesso ogni idea di futuro.
“Appunto, non mi si può di certo sospettare di insensibilità verso le antiche cose”.
Qual è la malattia più grave, al Sud d’Italia? “La disorganizzazione. È genetica. Molti funzionari stanno lì solo per creare ritardi. Spesso manca il senso delle priorità. Che cosa deve essere più importante: far viaggiare la gente in metropolitana o preservare a ogni costo un po’ di mura romane?”.
Continui. “Si potrebbe ragionare sui motivi remoti per cui spesso si tiene in piedi tale diatriba, ma preferisco fermarmi qui”.
Ma no, continui.
“Preferisco di no”.
A Napoli il centro antico sta crollando.
“Attenzione, negli ultimi anni c’è stato un forte mutamento climatico”.
E allora?
“Edifici già fragili per la mancata manutenzione hanno dovuto subire anche lo choc delle piogge violente. È un po’ come quel che è accaduto a Siviglia, in Spagna, dove le pareti delle abitazioni, non attrezzate per i nubifragi, sono diventate verdi per l’umidità. Nel Nord della Francia, dove sono abituati a tali sconvolgimenti climatici, le case hanno ben resistito”.

C’è pericolo a Napoli? E quanto?
“Sia chiaro: i cornicioni prima o poi cadono ovunque. E non ha senso impacchettare tutti gli edifici a scopo precauzionale”.

Cioè?
“Ho visto Palazzo reale a Napoli impacchettato in fretta e furia dopo la tragedia del ragazzo morto in Galleria Umberto per la caduta di un calcinaccio. Dolore immenso per la tragedia, ma che senso ha un simile provvedimento?”.

Si chiama prevenzione. O no?
“Rifletta: è mai pensabile imprigionare tutta la città in vista di eventuali crolli? Non è un po’ come chiudere l’autostrada perché si verificano gli incidenti stradali?”.

Che cosa andrebbe fatto, invece?
“Una seria e mirata valutazione tecnica sugli edifici. Napoli, non va dimenticato, vanta palazzi alti trenta metri e gli androni, i cortili, i portoni più belli d’Europa. Penso a via Pessina, alla zona del Duomo, al centro antico. È un patrimonio di tale qualità che non si ritrova in nessun’altra capitale europea: andrebbe curato al massimo livello”.

Napoli è davvero una ex capitale decaduta?
“Qui giacciono in pessime condizioni i due pilastri su cui si fonda la stabilità di una grande metropoli: il prestigio delle istituzioni locali e la qualità delle attività commerciali”.

E quindi?
“Tutti vediamo le condizioni in cui versa il Municipio, tutti sappiamo dei debiti di palazzo san Giacomo e la crisi di rappresentatività. Ma in pochi sono consapevoli di quanto scaduta sia la qualità del commercio a Napoli”.
Già, quanto?
“Se vado, per esempio, a Treviso trovo una qualità commerciale almeno 50 volte superiore. A Napoli, che era città di scambi in cui fioriva il commercio di miglior qualità in assoluto, stanno chiudendo tutti i negozi più rinomati. È un po’ come Venezia, ridotta ormai a luna-park per turisti. Municipio e commercio: ecco, il declino è racchiuso nel decadimento di questo binomio”.

Farebbe il sindaco a Napoli?
“Per carità, non ho le qualità adatte”.

Perché?
“Io so fare diagnosi dei mali, curare spetta ad altri”.

Ah, ma allora siamo alle solite: si critica tutto, ma poi gli optimates, cioè i migliori, evitano di buttarsi in prima persona nella mischia. O no?
“No, si sbaglia. Non credo all’intellettuale che si mette a fare il sindaco. Ma sarebbe bene che i sindaci si circondassero di persone di prim’ordine invece di metterle sempre in un angolo. O di far finta che non esistano”.

27/7/2015
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